Nataliia Kavetska, 34 anni, che allo scoppio della guerra si è rifugiata in Italia dove ha vissuto per 8 mesi lavorando come mediatrice linguistico-culturale, ha deciso di tornare a Kyiv

Mi chiamo Natalia, ho 34 anni e oggi abito a Kyiv con mio figlio di 9 anni. Sono nata a Leopoli dove ho vissuto fino allo scoppio della guerra. Avevo una vita molto bella. Lì avevo una mia azienda e mi occupavo della confezione dei vestiti. Ci è bastato un giorno per capire che la guerra era davvero iniziata e che era vicina. Quando è scoppiata la guerra mi trovavo a Leopoli dove sono rimasta a lavorare per circa un mese. Abbiamo iniziato a lavorare con difficoltà e ho avuto paura. Così ho deciso di chiudere l’azienda e partire per l’Italia, in macchina. Amo l’Italia e l’ho scelta perché ho tanti parenti che vivono lì. Sono arrivata a Desio, vicino Milano, dove per un po’ sono stata accolta da alcuni parenti ma poco dopo ho trovato una casa per me e mio figlio. Ho trovato subito un lavoro con WeWorld, all’interno del loro Spazio Donna WeWorld di Milano. Sono stati molto accoglienti e mi hanno dato un primo sostegno in un momento per me molto difficile: non sapevo come organizzare la mia nuova vita. Sono molto grata all’Italia.

Nataliia Kavetska, 34 anni, allo scoppio della guerra in Ucraina si è rifugiata in Italia dove ha vissuto per 8 mesi lavorando come mediatrice linguistico-culturale negli Spazi Donna WeWorld

Sono stata in Italia per 8 mesi circa. Per mio figlio all’inizio è stato molto difficile ambientarsi, soprattutto a scuola. Dopo i primi giorni mi ha detto che non voleva più andarci perché non capiva nulla. Io l’ho spronato e ho provato a fargli vivere quest’esperienza in Italia come un gioco. Alla fine ha ritrovato la voglia di andare a lezione e ha trovato l’accoglienza di maestre, compagni e compagne.

Intanto ho ricevuto una proposta di lavoro molto interessante in Ucraina e ho capito che volevo fare qualcosa per il mio paese. Oggi lavoro come consigliera della Ministra dei Servizi Sociali e gestisco alcuni progetti per i militari e le loro famiglie. Vogliamo creare un sistema per cui le famiglie possano sentire il sostegno dello Stato: ci sono tante famiglie che ormai non abitano insieme e hanno bisogno di un aiuto.

Tutti mi hanno sconsigliato di tornare, mi dicevano “ma sei pazza?”. Eppure sono tornata nel dicembre 2022: qui ci sono tanti bombardamenti, è una zona molto pericolosa ma sono contenta perché sento di aver fatto una scelta giusta. La vita quotidiana è molto diversa da prima perché ci sono bombardamenti. Se scatta l’allarme dobbiamo correre in cantina, capita che i bambini studino in cantina. Nell’aria si sente il pericolo, quando vado al lavoro mi capita di vedere le macerie dei palazzi. Ormai siamo abbastanza abituati, purtroppo. È una cosa terribile da accettare perché non è una cosa normale.

Se siamo fuori ci rifugiamo in metropolitana. Una volta gli allarmi sono scattati mentre mio figlio era a scuola e i telefoni non funzionavano. Non sapevo come rintracciarlo. Non potevo fare nulla, solo pregare. Da quel giorno ho spiegato a mio figlio cosa fare se, in caso di allarme, non siamo insieme. Adesso abbiamo scelto un posto dentro la metro dove incontrarci.

In questa nuova vita non riusciamo a pianificare nulla. Oggi, per esempio, è una giornata tranquilla ma a volte non è così. Io provo ad organizzare una vita normale: a volte andiamo a teatro, a volte una festa, ogni settimana io e mio figlio guardiamo un film in italiano per non dimenticare la lingua e ogni weekend organizzo un incontro con le donne ucraine che adesso abitano in Italia, così che possano parlare l’italiano. Sembra quasi che in me convivano due mondi diversi: c’è la guerra e c’è la vita normale. 

Proviamo a vivere al meglio, qualcuno prova a sopravvivere perché c’è anche la crisi economica: io spero di avere un futuro in Ucraina ma al momento non riesco a immaginarmelo. Da quando è iniziata la guerra e da quando sono tornata però ho iniziato ad apprezzare le cose importanti: cos’è l’amicizia, la vicinanza, il sostegno. Apprezzo meglio la vita. Ci sono tanti momenti difficili perché la vita quotidiana è molto faticosa ma nel mio cuore c’è speranza.

Nataliia, insieme a Guido Manneschi, il nostro Rappresentante Paese in Ucraina, sono le voci protagoniste della prima puntata del Podcast "Vite Sospese. Quotidianità in crisi", che abbiamo realizzato insieme all'Espresso. Ascolta il primo episodio qui. Il podcast racconterà ogni 2 giovedì le storie di chi prova a tornare alla normalità nonostante le crisi umanitarie.