A Roma una giornata di dibattito sulla Direttiva europea di Corporate Sustainability Due Diligence: “la responsabilità sociale volontaria delle imprese è inefficace; bisogna dotarsi di regole certe e garantire giustizia alle vittime”

Serve un maggior impegno delle imprese per il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Per questo è indispensabile rafforzare il dialogo tra mondo produttivo, politica, istituzioni, società civile, e sindacati, sulla Due diligence d’impresa sui diritti umani e ambientali, che affianchi il negoziato tra Parlamento e Consiglio UE sulla Direttiva di Corporate Sustainability Due Diligence.

È questo il punto centrale dell’evento di oggi a Roma, “Diritti umani e ambientali: dialogo sulla Due Diligence d’Impresa”, organizzato da WeWorld in collaborazione con l’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e la campagna nazionale Impresa 2030.

L’evento, realizzato nell’ambito del progetto Azioni in rete per lo sviluppo sostenibile, promosso da WeWorld e sostenuto dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha visto la partecipazione di Dina Taddia (WeWorld); Mara Cossu (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica); Laura Boldrini (Comitato Permanente sui Diritti Umani, Camera dei deputati); Enrico Giovannini (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS); Martina Rogato (Impresa 2030); Sara Teglia (Patto di Milano-ASviS, Impronta Etica); Silvia Borelli, (CGIL); Marco Pedroni (Associazione Nazionale Delle Cooperative Di Consumatori ANCC); Attilio Dadda (LegaCoop); Margherita Romanelli (WeWorld, Impresa 2030); Emma Baldi (Youth Ambassador, Human Rights International Corner); Marco Omizzolo (Eurispes, La Sapienza); Marion Lupin (European Coalition for Corporate Justice, ECCJ); Giorgia Ceccarelli (Impresa2030, Oxfam Italia).

Dopo l’approvazione a giugno, da parte del Parlamento Europeo, del testo della Direttiva UE sulla Corporate Sustainability Due Diligence, ora entrato nella fase cruciale del processo negoziale tra Parlamento, Commissione e Consiglio europei, le tre organizzazioni intendono favorire il dibattito tra gli attori in gioco, contribuendo al miglioramento della Direttiva e facilitarne una successiva applicabilità in Italia. 

Secondo WeWorld, ASviS e Impresa 2030, infatti, è in corso una nuova stagione di politiche che vincolano le imprese a fare la propria parte per contribuire al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030, su cui l’Italia è in forte ritardo; serve quindi maggiore impegno affinché le imprese italiane e globali possano costruire un modello di equità sociale e stabilità; creare un nuovo patto sociale tra mondo produttivo, consumatori, comunità, e istituzioni; sradicare sistemi di sfruttamento umano e delle risorse naturali in un’ottica di uguaglianza e accesso ai diritti, fondamentali anche per proteggere il made in Italy dalla concorrenza sleale di sistemi produttivi basati su pratiche scorrette. Obiettivi questi, raggiungibili solo attraverso l’azione collettiva.

“Dopo anni di responsabilità sociale d’impresa volontaria, che purtroppo ha prodotto risultati insufficienti, dobbiamo accelerare: per passare dagli impegni ai fatti in ambito di sviluppo sostenibile, le imprese devono fare con più forza la loro parte contro lo sfruttamento delle persone e delle comunità” ha commentato Margherita Romanelli, coordinatrice Policy e Advocacy di WeWorld, introducendo l’incontro. “Per questo la Direttiva deve prevedere una chiara responsabilità civile delle imprese sul proprio operato, e facilitare l’accesso alla giustizia per le vittime, che in larga parte appartengono a gruppi più vulnerabili e con ridotta capacità di tutelare i propri diritti. Inoltre, per abbassare le emissioni occorrono obiettivi chiari e misurabili, partendo dalla valutazione dell’impatto di ogni azione aziendale, dalla produzione alla commercializzazione, all’uso e allo smaltimento dei prodotti. Queste azioni costituiscono il processo di due diligence sui diritti umani e ambientali di cui la Direttiva europea si occupa: per questo è importante che sia ambiziosa e che venga perfezionata e sostenuta”.

“L’adozione finale della Direttiva sulla due diligence, ora all’esame del Consiglio dell’UE, ha la potenzialità di segnare un avanzamento fondamentale verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. La Direttiva costruisce un sistema di regole comuni per chiunque operi nel mercato unico europeo, affinché le imprese misurino l’impatto ambientale e sociale del proprio business e vi pongano rimedio nel caso in cui abbia conseguenze negative su tutta la filiera di produzione. É fondamentale che imprenditori, portatori d’interesse, decisori politici si preparino per tempo, valutando gli impatti della Direttiva nel quadro nazionale, e l'armonizzazione con le recenti modifiche costituzionali agli artt.9 e 41, confrontandosi sull’adozione di misure di accompagnamento, valorizzando  le opportunità offerte dalla finanza sostenibile, in sinergia con i prossimi obblighi di reporting di sostenibilità” ha dichiarato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS.

"La Direttiva rappresenta un'occasione unica per fare un concreto balzo in avanti in materia di giustizia ambientale e sociale, oltre che per consolidare l'Unione europea come punto di riferimento internazionale per l'affermazione di un nuovo modo di fare ed essere impresa. Non da sottovalutare il peso specifico che questa normativa avrà lungo le catene del valore globale e in tanti paesi in cui, oggi, i diritti umani e ambientali sono schiacciati in nome del profitto. Come società civile lavoriamo da anni su queste tematiche e con l'evento di oggi vogliamo contribuire a costruire un dialogo aperto, concreto e risolutivo con imprese e cittadini." ha dichiarato Martina Rogato, Portavoce Impresa 2030 e Board Member HRIC.

Direttiva europea sulla Due Diligence: le priorità per WeWorld, AsVis e Impresa 2030

Secondo WeWorld, ASviS e Impresa 2030, queste sono le priorità da tenere in conto per arrivare a un testo finale della Direttiva europea sulla Due Diligence davvero efficace:

  • Confermare l’obbligatorietà della due diligence a tutti i diritti umani internazionalmente riconosciuti così come ai target di sostenibilità ambientale previste da tutte le convenzioni e gli impegni internazionali ed europei.L’esistenza sulla carta di procedure aziendali di due diligence sui diritti umani non può esonerare l’impresa dalla sua responsabilità: occorre che queste procedure siano effettivamente implementate.
  • Prevedere un coinvolgimento significativo della società civile e dei sindacati nell’intero processo della due diligence, dall’assesment al monitoraggio dei piani.
  • Estendere l’applicazione della Due Diligence all’intera filiera globale del valore, a tutti i settori e a tutte le imprese. In particolare, il settore finanziario riceve un trattamento ancora preferenziale nel primo testo della Direttiva. Anche le PMI, con adeguato sostegno finanziario, devono essere incluse: molte pratiche di sfruttamento dei diritti di lavoratori e lavoratrici o di inquinamento, infatti, avvengono nel contesto di piccole e medie imprese, spesso meno soggette a controlli.
  • Consolidare la responsabilità civile delle imprese, assicurato un adeguato risarcimento dei danni causati alle vittime e rafforzato l’accesso alla giustizia per le vittime introducendo l’inversione dell’onere della prova. Infatti, fino a che le vittime – come i migranti sfruttati nel settore agroalimentare - si dovranno far carico delle spese processuali e procurarsi i mezzi per provare la violazione subita, lo squilibrio tra individui e aziende renderà impari l’accesso alla giustizia.
  • Attuare piani concreti per proteggere l’ambiente. Gli impegni volontari non sono sufficienti a risolvere il problema delle emissioni aziendali: servono obiettivi concreti di riduzione delle emissioni dirette ed indirette per il 2030 e il 2050. Il testo finale della Direttiva deve far riferimento a vere e proprie categorie di impatto ambientale, rispetto a cui le aziende devono valutare le proprie azioni e assumere misure di prevenzione.