Nel mondo di oggi, essere donna o bambina significa lottare per diritti che dovrebbero essere garantiti. Spesso, invece, sono private dell’educazione, costrette a matrimoni e gravidanze precoci, escluse dai processi decisionali, soggette violenze e discriminazioni sistemiche. Ma davanti a queste discriminazioni, non rimangono ferme: reclamano spazio, voce, diritti. Il nostro nuovo Atlante fotografa lo stato dei diritti di bambine, ragazze e donne nel mondo. 

30 anni dopo la Conferenza di Pechino 

A trent’anni dalla storica Conferenza di Pechino sui diritti delle donne, i passi avanti sono stati tanti, ma queste conquiste sono tutt’altro che sicure. Rispetto al passato, oggi in molti contesti le donne possono votare, svolgere gli stessi lavori degli uomini, partecipare alla vita pubblica e decidere del proprio corpo. Eppure, questi diritti sono sotto attacco in molte parti del mondo: in molti paesi, i finanziamenti per i servizi di contrasto, protezione e prevenzione della violenza di genere e per la salute e i diritti sessuali e riproduttivi vengono progressivamente ridimensionati. 
In Afghanistan, le ragazze sono escluse dalle scuole superiori e dalle università; in Iran, le donne rischiano la prigione se decidono di autodeterminarsi, mentre negli Stati Uniti, è stata progressivamente interrotta l'erogazione di servizi sanitari essenziali in progetti di cooperazione e la revoca della sentenza Roe v. Wade ha tolto a milioni di donne il diritto all’aborto sicuro. Questi esempi ci mostrano come i diritti delle donne non siano garantiti, ma un traguardo da difendere ogni giorno. 

Il nostro nuovo Atlante sui diritti di donne, ragazze e bambine nel mondo  

Di questo e di molto altro parliamo nel nostro nuovo Atlante “Claiming Space. Atlas on Women’s and Girls’ Rights”, il terzo dopo l’Atlante “Flowing Futures”, sull’accesso all’acqua e ai servizi sanitari, e l’Atlante “WeCare”, sulla giustizia sessuale e riproduttiva. Abbiamo scelto questo titolo perché oggi, nonostante i continui attacchi ai loro diritti, le donne stanno reclamando spazio in modo attivo, lottando contro chi vuole che restino ai margini. Quando lo fanno, generano pratiche trasformative che incidono profondamente sulla società.  

L’Atlante raccoglie dati, mappe e analisi per descrivere e misurare le violazioni dei diritti di donne e ragazze e le sfide che affrontano ogni giorno in tutto il mondo.  
Ogni capitolo è dedicato a uno dei quattro filoni di lavoro su cui interveniamo nei nostri progetti in Italia e nel mondo: garantire i diritti per rafforzare l’agency; contrastare la violenza di genere; promuovere la salute sessuale e riproduttiva; amplificare le voci di donne e ragazze per trasformare le comunità. Accanto ai dati, infatti, l’Atlante presenta esempi concreti tratti dai nostri programmi in oltre 20 Paesi, che mostrano soluzioni e buone pratiche.  

Photo by Roun Ry

Diritti negati, ma non dimenticati 

Troppo spesso le donne non hanno il pieno controllo della propria vita. Le loro scelte vengono limitate non solo da leggi e regole ingiuste, ma anche da stereotipi e aspettative sociali che restringono le possibilità di azione e impediscono a donne e ragazze di esprimere tutto il loro potenziale. Per questo, nell’Atlante dedichiamo ampio spazio alla parità dei generi partendo dal concetto di agency: la capacità di decidere per sé, di influenzare il proprio ambiente e di costruire liberamente il proprio futuro. Abbiamo, quindi, approfondito le forme di discriminazione che donne e ragazze vivono in diversi ambiti — dal lavoro all’accesso alle risorse, dall’educazione alla partecipazione politica — per mostrare quanto ancora resti da fare per garantire pari opportunità e diritti. 

Oggi, infatti, nel mondo: 

  • 1 donna su 10 donne vive in condizioni di povertà estrema (meno di 2,15 dollari a persona al giorno). 
  • Le donne svolgono 2,5 volte più lavoro di cura non retribuito rispetto agli uomini, tra cui un totale di 250 milioni di ore al giorno dedicate alla raccolta dell'acqua, tre volte di più rispetto a uomini e ragazzi, limitando il loro accesso al mercato del lavoro formale. 
  • L'80% delle donne lavoratrici svolge lavori informali, rispetto al 66% degli uomini. Il lavoro informale non prevede tutele di base come congedi retribuiti, pensioni o tutele contro gli abusi. 
  • Le donne guadagnano il 20% in meno degli uomini a parità di mansione. 
  • A livello globale, meno del 15% dei proprietari terrieri sono donne. 
  • In situazioni di guerra o emergenza, le ragazze sono 2,5 volte più a rischio di abbandono scolastico. 
  • Oltre 119 milioni di ragazze non vanno a scuola e 4 su 10 (39%) non completano l’istruzione secondaria superiore. 
  • Quasi il 75% dei legislatori oggi sono uomini e 103 paesi non hanno mai avuto una donna a capo dello Stato. 
  • In 19 paesi le donne non possono scegliere gli stessi lavori degli uomini; in 18 i mariti possono impedire alle mogli di lavorare. 

Il nostro Atlante non si limita a raccontare problemi, ma propone anche soluzioni. Da anni, portiamo avanti progetti per l’emancipazione e per promuovere l’agency femminile, generando buone pratiche e offrendo risposte concrete. Tra questi, i corsi di formazione tecnica e professionale (TVET) in Tunisia permettono alle donne di acquisire competenze utili per raggiungere autonomia economica. In Mozambico, invece, abbiamo supportato la creazione di comitati di donne per la gestione delle risorse idriche. Le donne si occupano della raccolta e distribuzione dell’acqua alla comunità e della manutenzione delle pompe, sperimentandosi in ruoli di responsabilità che spesso a loro non sono permessi. Allo stesso tempo, la costruzione di nuovi pozzi e l’introduzione di tecnologie verdi riducono i rischi di violenza legati alla raccolta dell’acqua e alleggeriscono il loro carico di lavoro. Con questi e molti altri progetti, puntiamo a innescare un vero e proprio cambiamento trasformativo di genere, che migliori la vita delle donne e delle comunità in cui vivono mettendo in discussione stereotipi e ruoli prestabiliti. 

Photo by Jafar Mosavi

“Sebbene le donne costituiscano oltre la metà della popolazione, rimangono marginalizzate nei processi decisionali. Senza misure efficaci per garantire la partecipazione delle donne alle istituzioni, le politiche pubbliche rischiano di continuare a riflettere una prospettiva esclusivamente maschile, escludendo i diritti delle donne e le questioni di parità di genere. Impegno strutturale e politiche pubbliche forti sono essenziali per creare una società in cui le donne vivano libere dalla violenza e abbiano pari opportunità economiche e politiche.” Massimo Baraglia, rappresentante Paese di WeWorld in Tanzania  

“Il nostro approccio è quello di riconoscere e amplificare il contributo delle donne ovunque possibile. Quando sono presenti ingegneri o tecnici donne, cerchiamo attivamente la loro collaborazione e ne sosteniamo la visibilità. In contesti meno strutturati, dove contribuiamo a istituire comitati locali per la gestione delle risorse idriche, garantiamo una percentuale minima di donne incluse. Integrando le prospettive di genere e costruendo gradualmente strutture inclusive, stiamo contribuendo a cambiare le norme. Non si tratta di cambiare tutto dall'oggi al domani, ma di creare spazi in cui le voci delle donne possano rafforzarsi e la loro leadership possa radicarsi.” - Anna Crescenti, Esperta WASH per WeWorld 

Contrastare la violenza di genere: una responsabilità collettiva 

La violenza di genere è una violazione dei diritti umani e un ostacolo alla libertà e all’autonomia di donne e ragazze. Dal matrimonio precoce allo sfruttamento sessuale, fino alla violenza da parte del partner, si tratta di un problema globale. Nel nostro Atlante dedichiamo uno spazio specifico a comprendere le diverse forme di violenza di genere — fisica, sessuale, psicologica, economica, verbale, istituzionale o culturale — perché si tratta di un problema strutturale, radicato in società costruite su valori patriarcali, e non di questioni private. Analizziamo anche come la violenza cambia volto nei contesti di crisi o conflitto, dove l’indebolimento delle norme sociali e delle istituzioni aumenta i rischi per donne e ragazze. 

Questo approccio ci permette di mostrare le conseguenze profonde della violenza: traumi fisici e psicologici, esclusione sociale, privazione economica e limitazioni concrete alla possibilità di decidere della propria vita. Allo stesso tempo, evidenziamo come la violenza sostenga sistemi di dominio maschile ed eteronormativo, punendo chi sfida ruoli e stereotipi tradizionali. 

I dati ci aiutano a rendere visibile l’entità del problema e a capire perché sia urgente intervenire: 

  • Nel mondo, una donna o ragazza viene uccisa ogni 10 minuti da un partner o da un parente stretto. In totale, nel 2023 sono state uccise intenzionalmente 85.000 donne e ragazze. 
  • La violenza da parte del partner (Intimate Partner Violence, IPV) è la forma più diffusa di violenza contro le donne, presente sia in contesti di pace sia in contesti di conflitto. Nonostante la sua diffusione, nelle zone di crisi riceve meno attenzione, spesso considerata un problema “privato” di famiglia. 
  • Il 70% delle donne che vivono in contesti umanitari subisce forme di violenza di genere. 

Il nostro impegno va oltre la denuncia: lavoriamo ogni giorno per costruire alternative concrete che restituiscano potere e libertà alle donne. Con iniziative mirate, promuoviamo l’autonomia femminile e contrastiamo le disuguaglianze di genere, generando cambiamenti concreti e duraturi nelle comunità.  

  • Attraverso il programma Spazio Donna WeWorld, che conta 7 centri in 6 città italiane, sosteniamo le donne nel prevenire, individuare e fuoriuscire dalla violenza di genere, fornendo strumenti per riconquistare sicurezza e dignità.  
  • In Kenya, attraverso il progetto IMARA – sostenuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) - affrontiamo la violenza di genere, le mutilazioni genitali femminili (MGF), i matrimoni precoci e altre pratiche dannose, sfidando norme e tradizioni che limitano le opportunità e i diritti delle ragazze.  
  • In Tanzania, la collaborazione con il centro Bunju ci permette di offrire protezione e attivare percorsi di educazione con ragazze vittime di sfruttamento, abusi o povertà estrema, creando spazi sicuri in cui possano crescere e sviluppare il loro potenziale.  
  • In Nicaragua, con il progetto #UnaVezMásNO, abbiamo ampliato l’accesso a supporto psicosociale, sanitario e legale per le sopravvissute alla violenza, promuovendo al contempo la loro emancipazione economica attraverso percorsi di formazione. 

“Nella vita di tutti i giorni, non avevo controllo su nulla. Dovevo giustificare ogni spesa. Lui veniva sempre a fare la spesa con me e decideva cosa potessi e cosa non potessi comprare, soprattutto quando si trattava di generi alimentari. Non potevo comprarmi nulla, e quel poco che mi rimaneva della pensione, lui se lo teneva." - testimonianza raccolta in uno Spazio Donna WeWorld 

“Le norme culturali e sociali spesso relegano le ragazze ai margini, costringendole a matrimoni precoci e negando loro l'accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria e alla protezione dalla violenza. Si tratta di diritti umani fondamentali, eppure per molte donne qui rimangono irraggiungibili. Le aspettative culturali e le pressioni sociali scoraggiano le donne dal perseguire carriere o ruoli al di fuori delle loro responsabilità domestiche. Sfollamenti, estremismo e proteste aggravano ulteriormente queste sfide, rendendo quasi impossibile per molte donne liberarsi dal ciclo dell'esclusione.” Viviana Bianchessi, Rappresentante Paese per WeWorld in Mali 

La salute sessuale e riproduttiva è una questione di giustizia 

In tutto il mondo, la salute sessuale, riproduttiva e mentale di donne e ragazze viene spesso trascurata se non addirittura ostacolata. Infatti, le questioni relative all'autonomia corporea sono trattate come argomenti controversi anziché come diritti fondamentali, mentre la salute mentale viene stigmatizzata. Queste forme interconnesse di ingiustizia sono plasmate dalle norme di genere, dagli stereotipi e dalla disuguaglianza. Donne e ragazze sono costrette a misurarsi con barriere all'accesso dei servizi essenziali e con politiche regressive che limitano la libertà di gestire il proprio corpo. Proprio per questo, nel nostro Atlante mostriamo come riconoscere il diritto di tutte le persone all'autonomia corporea rappresenti un passo fondamentale per raggiungere una vera equità di genere. Oggi, infatti, questi diritti sono ancora lontani dall’essere realizzati: 

  • Oltre 200 milioni di donne in tutto il mondo non hanno ancora accesso ai contraccettivi, e gli aborti non sicuri causano circa 39.000 decessi prevenibili ogni anno. 
  • Oggi, il 45% di tutti gli aborti a livello globale non è sicuro, e il 97% di questi si verifica nei paesi a basso reddito. L'aborto non sicuro è una delle principali cause di mortalità materna, contribuendo a una percentuale compresa tra il 4,7% e il 13,2% dei decessi materni ogni anno. 
  • Almeno 500 milioni di persone in tutto il mondo non hanno accesso ai prodotti di base per la gestione del ciclo mestruale e ai servizi igienici necessari.  
  • Da un’indagine che abbiamo svolto con Ipsos in Italia, è emerso che parlare di menopausa sul posto di lavoro è ancora un tabù: 1 persona su 3 lo considera poco professionale e 1 uomo su 4 ritiene che le donne in menopausa non siano adatte a ruoli di leadership. 

Oltre a evidenziare criticità e lacune sulla salute sessuale e riproduttiva, lavoriamo insieme alle comunità per costruire soluzioni che rafforzino l’autonomia delle persone e garantiscano l’accesso ai diritti.  

  • In Burundi, sosteniamo le donne nell’accesso ai servizi prenatali e nel prendere decisioni informate sulla propria salute e sul benessere dei loro figli e delle loro figlie, promuovendo conoscenza e responsabilizzazione.  
  • In Mozambico, le Casa Mãe Espera offrono spazi sicuri e specializzati per la cura delle donne in gravidanza, sostenendo i loro percorsi di maternità.  
  • In Siria, collaboriamo con le scuole per rendere l’educazione più inclusiva: la ristrutturazione degli edifici ha incluso servizi igienici accessibili e divisi per genere per garantire privacy e sicurezza alle bambine, ma anche la formazione di insegnanti per integrare nel curriculum alcuni elementi di salute sessuale e riproduttiva e gestione dell’igiene mestruale, con particolare attenzione alle esigenze delle studentesse con disabilità.  
  • In Kenya, promuoviamo percorsi di educazione tra pari, in cui ragazze e ragazzi discutono di salute, affettività e relazioni, rafforzando conoscenze, consapevolezza e capacità di fare scelte informate.  
  • In Italia, abbiamo lanciato il nostro Manifesto in sei passi per la giustizia mestruale e sviluppato un diario mestruale pensato per le bambine, tradotto in molte lingue e adottato anche in Tanzania, Kenya, Libano, Moldavia e Ucraina.  
  • Inoltre, distribuiamo kit per la salute mestruale anche in contesti di conflitto, come in Palestina, per garantire alle ragazze e alle donne strumenti concreti per vivere la propria quotidianità con dignità e autonomia.  

"Sebbene il settore umanitario si sia impegnato a integrare l’attenzione al genere negli interventi, rimane difficile rispondere pienamente alle esigenze specifiche, dall'assistenza sanitaria alla protezione, mentre ci si affretta a fornire assistenza salvavita. Ad esempio, le esigenze specifiche di salute e igiene legate alle mestruazioni vengono spesso trascurate nelle zone di guerra. Ciò è stato particolarmente evidente a Gaza, dove centinaia di migliaia di donne e ragazze sono rimaste senza un adeguato supporto.” - Giovanna Fotia, Rappresentante Paese per WeWorld in Palestina 

Non staremo zitte: la voce delle donne sfida il sistema 

Molto spesso, la vita di donne e ragazze è fatta di silenzi. Amplificare le loro voci è fondamentale per trasformare culture, pratiche e politiche perché significa riconoscere e valorizzare esperienze, saperi e bisogni reali che troppo spesso sono stati messi a tacere. Quando le donne partecipano attivamente ai processi decisionali, si aprono spazi per politiche più inclusive, pratiche più eque e narrazioni che sfidano stereotipi e norme patriarcali. Ma ascoltare non basta, donne e ragazze devono anche essere messe in condizione di guidare. Perché non ci può essere cambiamento senza la partecipazione delle donne. Per questo, nell’Atlante esploriamo come le donne cercano di cambiare le regole del gioco: partecipano attivamente, diventano punti di riferimento nelle comunità, sfidano norme imposte e condividono storie personali che diventano collettive. Per capire il cambiamento raccontato nel nostro Atlante, è importante riconoscere che il nostro lavoro si inserisce in una lunga storia di lotte femministe. Partiamo dalle storie e dalle conquiste delle donne che ci hanno preceduto e ci ispiriamo a una sorellanza globale che unisce esperienze e pratiche diverse. 

Photo by Camilla Miliani

    L’eredità dei femminismi 

    Il femminismo, o meglio i femminismi, hanno assunto molte forme: dal suffragio e dai diritti legali alle lotte per lavoro, maternità, diversità e intersezionalità; dall’attivismo contro il patriarcato nei contesti africani, asiatici, latinoamericani e indigeni, alla critica del capitalismo e dell’estrattivismo, fino alla sfida digitale e alla difesa dei diritti LGBTQIA+ di oggi. 

    L’attivismo femminista può essere visibile, collettivo o discreto e quotidiano, ma ovunque rafforza autonomia e partecipazione. Le donne con cui lavoriamo traggono forza da questa storia condivisa e allo stesso tempo contribuiscono a riscrivere regole, pratiche e narrazioni nelle loro comunità. L’Atlante racconta proprio questo: come le donne cambiano il mondo attorno a sé, passo dopo passo. 

     Claiming Space non è solo il titolo dell’Atlante: è il filo conduttore che attraversa tutte le storie delle persone che incontriamo e il cambiamento che cerchiamo di costruire insieme. Ogni progetto, iniziativa o pratica inclusa qui mostra come le donne prendano parola, occupino spazi e trasformino le comunità attorno a loro. Noi lavoriamo per sostenere questo processo ogni giorno, con progetti di sensibilizzazione, advocacy e mobilitazione comunitaria in cui donne e ragazze siano al centro, affinché le loro azioni possano incidere profondamente sulle norme, le politiche e la vita delle comunità. 

    • Per esempio, ogni anno partecipiamo alla campagna “16 Giorni di Attivismo” (25 novembre - 10 dicembre), organizzando incontri ed eventi, soprattutto nell’Africa sud-orientale, per amplificare le voci delle donne e stimolare il cambiamento sociale.  
    • Con la serie di documentari Wonder Women, abbiamo raccontato storie di donne che affrontano la crisi climatica, sfidando narrazioni tradizionali e mostrando il potere della loro parola e azione. 
    • All’interno del progetto Kujenga Amani Pamoja, l’iniziativa di photovoice “Women See Many Things” ha permesso alle donne della costa Swahili di acquisire competenze tecniche e consapevolezza del potere comunicativo della fotografia, trasformando esperienze personali in narrazioni collettive. 
    • In Italia, i nostri centri Spazi Donna svolgono un ruolo fondamentale non solo nell'emancipazione delle donne, ma anche nel coinvolgere attivamente uomini e ragazzi come partecipanti attivi nel perseguimento della parità di genere, implementando attività formative e educative mirate sia nelle scuole che nei luoghi di lavoro. Inoltre, organizziamo iniziative pubbliche progettate in cui informiamo e coinvolgiamo direttamente le persone, creando spazi di dialogo, connessione e responsabilità condivisa come "Chiacchierata Femminista", un ciclo di incontri informali in cui le donne si riuniscono per riflettere su cosa significhi essere donna oggi, esplorando temi come i ruoli di genere, le relazioni e la libertà personale. WeWorld partecipa anche a maratone, come la Maratona di Milano e StraWoman, per sensibilizzare e sostenere i nostri Spazi Donna. 
    • Per promuovere la giustizia mestruale in Italia e nel mondo, insieme a CHEAP, un importante collettivo di arte pubblica, abbiamo lanciato la campagna "#LegalizeMestruazioni" per rompere i tabù e avviare un dibattito pubblico sui diritti mestruali. 

    Tutti questi esempi mostrano che è necessario creare spazi in cui possano guidare, incidere e riscrivere regole e narrazioni. Claiming Space significa proprio questo: riconoscere le competenze, le storie e le aspirazioni delle donne e delle ragazze e sostenerle nel trasformare silenzi ed esclusione in partecipazione attiva e cambiamento reale. 

    “La ribellione dei corpi, tra le ragazze di Dar es Salaam, e probabilmente in tutta la Tanzania e in molti altri luoghi del mondo, è una rivolta silenziosa e timida. Nel nostro immaginario, le rivoluzioni devono fare rumore, abbattere muri, segnare un prima e un dopo. Ma a volte questo non è possibile perché il silenzio è così opprimente che solo un sussurro può romperlo.” – Claudia Bellante, fondatrice di RACCONTAMI ha partecipato ad attività con le donne coinvolte nei progetti di WeWorld in Tanzania 

    “Offriamo formazione nelle scuole e nei luoghi di lavoro, partendo dalla cultura e dalla parità di genere, dove spesso nascono le prime resistenze. Le persone non sempre riconoscono gli stereotipi perché pensiamo tutti per categorie; smascherarli è fondamentale. Non si tratta di dare la colpa, ma di consapevolezza, perché senza di essa gli stereotipi possono diventare pericolosi. Nelle scuole, esploriamo l'educazione sessuale e affettiva, stimolando una riflessione profonda.” - Francesca Martino, Coordinatrice di Spazio Donna Milano Giambellino 

    Il nostro impegno per i diritti di donne e ragazze continua 

    A trent’anni dalla Conferenza di Pechino, le donne hanno guadagnato più voce, più spazio e più possibilità di decidere per loro stesse e incidere nella propria comunità. Eppure, nessun paese ha ancora raggiunto una vera parità di genere, e le disuguaglianze sono ancora troppo profonde e intrecciate.  

    Per cambiarle serve un lavoro costante, che sappia andare alla radice. Il nostro approccio trasformativo di genere (gender-transformative approach) significa proprio questo: non limitarsi a “aggiungere la prospettiva di genere”, ma integrarla in ogni azione e progetto, in ogni comunità, in ogni contesto. Significa lavorare sulle norme culturali, sulle relazioni di potere, sulle pratiche quotidiane, perché il cambiamento diventi duraturo e strutturale. Significa creare spazi in cui le donne e le ragazze possano partecipare, guidare decisioni, esercitare diritti e incidere nelle proprie comunità, e allo stesso tempo cambiare le narrazioni e le aspettative che regolano i ruoli di genere. 

    Claiming Space, dunque, non è solo uno slogan: sono donne e ragazze che prendono parola, occupano spazi e riscrivono le regole, generando cambiamenti concreti nelle loro vite e nelle loro comunità. L’Atlante racconta queste storie, e noi ci siamo, ogni giorno, per sostenere questo processo culturale, profondo e collettivo, perché il cambiamento non sia solo visibile, ma duraturo.