
Come si costruisce un dialogo autentico in un mondo attraversato da guerre, disuguaglianze e paure? E cosa significa, oggi, “guardarsi negli occhi” in un’epoca segnata dalla distanza e dal sospetto reciproco?
Questi gli interrogativi dal quale è nato il nostro incontro “L’importanza del guardarsi negli occhi e del dialogo umano”, che si è tenuto oggi al MUG di Bologna, con l’obiettivo di favorire un dialogo autentico tra persone, culture e fedi diverse, in un tempo in cui la costruzione della pace richiede più che mai ascolto, empatia e collaborazione.
L’evento ha riunito rappresentanti del mondo religioso, accademico e civile per riflettere sul valore del dialogo come strumento di comprensione e cooperazione tra i popoli, anche alla luce delle crisi umanitarie e dei conflitti che continuano a colpire diverse aree del mondo.
Da oltre cinquant’anni lavoriamo a fianco delle comunità più vulnerabili, a partire da donne, bambine e bambini, per contrastare povertà e ingiustizie e promuovere l’uguaglianza di genere, l’istruzione e la salute. Ogni giorno assistiamo alla violazione e alla negazione dei diritti umani nei contesti più fragili del mondo. Proprio per questo, come ONG laica e apartitica, riconosciamo il valore fondamentale del dialogo tra le religioni come strumento di comprensione, cooperazione e costruzione della pace.
“Penso che sia importantissimo oggi, soprattutto in questo momento storico così tormentato, cercare di capire anche cosa significa dialogo interreligioso. Non si tratta di un dialogo dialettico in cui si deve convincere l’altro, ma di sentirsi parte di una verità comune che va oltre quelle del singolo gruppo, della singola persona. Forse questo convegno che dice anche guardarsi negli occhi dà importanza al cercare di essere insieme anche nel silenzio, perché poi il dialogo diventa la parte attiva dove si devono costruire insieme dei percorsi, andando tutti verso la stessa meta. Dal punto di vista delle Istituzioni pensiamo che sia fondamentale collaborare con realtà come WeWorld, con chi si occupa di questi temi, con le associazioni della città, e le comunità religiose, anche le più piccole, per creare progetti condivisi.” – ha dichiarato Rita Monticelli, Consigliera del Comune di Bologna con delega ai Diritti Umani e al Dialogo Interreligioso e Interculturale.
“Oggi più che mai è importante parlare di dialogo, e ancor più lo è costruire ponti tra laici e credenti, tra culture e visioni diverse”, ha dichiarato Dina Taddia, Consigliera Delegata WeWorld
“Solo così possiamo rimettere al centro un’azione umanitaria congiunta, capace di generare un dialogo di pace reale e duraturo. La pace si costruisce guardandosi negli occhi, riconoscendo nell’altro la stessa dignità e la stessa fragilità. È da questa consapevolezza che può nascere un futuro comune, fondato sul rispetto e sulla solidarietà.” – ha concluso Taddia
Dopo i saluti introduttivi di Rita Monticelli, Dina Taddia e Matteo Passini, Direttore Generale di Emil Banca, l’incontro è stato aperto dalla lezione di Alberto Melloni, storico delle religioni e professore ordinario di storia del cristianesimo, sul tema “Con-vivere tra e con le religioni”.
“Il dialogo tra fedi e culture non è un confronto astratto tra religioni, ma un incontro vivo tra le culture che i credenti portano con sé nel concreto intreccio della storia. Le religioni esistono solo dove donne e uomini le fanno vivere, intrecciando libertà, osservanza e interpretazione dentro culture complesse, fatte di testi, pratiche, spiritualità e mentalità. In questo senso, il dialogo diventa un’esperienza di convivialità, ha sottolineato, un cammino di comprensione e consapevolezza reciproca: riconoscere nel bene e nel male della nostra storia una possibilità di incontro, in cui la differenza diventa spazio di scelta, di libertà e di giustizia condivisa.” – ha ricordato Melloni.
A seguire, la tavola rotonda “Il soffio dello spirito nel dialogo” ha visto il confronto tra Mons. Vincenzo Paglia, Presidente Emerito della Pontificia Accademia per la Vita, e Ilenya Goss, Pastora della Chiesa Valdese di Mantova e Felonica, moderati dal giornalista e editorialista Riccardo Maccioni.
Nel suo intervento, Mons. Paglia ha ricordato che “ci troviamo nel mezzo di un cambiamento d’epoca in cui guerre, crisi ecologica e tecnologia minacciano l’umanità. Il vero pericolo è l’iperindividualismo, che ha sostituito il “noi” con l’“io”. È necessaria una rinascita della fraternità come fondamento di convivenza e di pace. Le religioni e le Chiese sono chiamate a essere fermento di unità e dialogo tra i popoli. Solo così potrà nascere un nuovo umanesimo planetario fondato su fraternità e amore”.
Ilenya Goss ha sottolineato invece che, “in un tempo di crisi politica, il dialogo interreligioso diventa uno degli elementi irrinunciabili per la gestione delle relazioni, da quelle semplicemente interumane di convivenza all'interno di società improntate al rispetto e alla libertà, fino alle relazioni tra gruppi e Paesi. Conoscersi è il primo passo per capirsi e creare una convivenza autentica. La pace, nel segno dello Shalom, implica giustizia e cura reciproca; per questo, oggi più che mai, è necessario riaprire con coraggio e responsabilità spazi di incontro tra fedi e culture”.
La mattinata è proseguita con l’intervento di Cesare Zucconi, Vicepresidente internazionale della Comunità di Sant’Egidio, che ha portato l’esperienza concreta dell’associazione nei contesti di mediazione diplomatica e nei corridoi umanitari.
“Nel mondo cresce una domanda di pace, ma resta soffocata dalla forza e dai rumori di guerra. Lavorare per la pace per Sant’Egidio significa guardare in faccia la guerra per quello che veramente è, partire dalle vite schiacciate, dai paesi distrutti che non esistono più, da stati che non rinasceranno mai più, anch’essi spezzati. Con i nostri corridoi umanitari apriamo vie legali e sicure per chi fugge da guerra e violenza. Occorre ridare forza al dialogo e costruire insieme un vero movimento popolare per la pace, capace di andare controcorrente.”
La seconda parte dell’incontro, “La geopolitica del dialogo. Illusione o speranza?”, che ha visto la partecipazione di Greta Cristini, analista geopolitica e reporter, e Valerio Nicolosi, giornalista e podcaster esperto di Palestina, introdotti da Andrea Comollo, Head of Communications & Programmes in Europe and Italy di WeWorld, il dibattito si è concentrato sulle dinamiche di potere e sulle prospettive di dialogo nel contesto mediorientale.
“Nel Medio Oriente di oggi, come in quello di ieri, si intrecciano tre livelli di conflitto: locale, regionale e globale. Dal fragile piano di tregua a Gaza e il progetto messianico israeliano di annessione della Cisgiordania alla transizione di potere in Siria fino all’indebolimento del regime teocratico dell’Iran e all’emersione di Turchia e Arabia Saudita come nuovi attori protagonisti dei nuovi equilibri, la regione è laboratorio del nuovo disordine mondiale. La volontà di disimpegno degli Stati Uniti dietro gli Accordi di Abramo unita alla crisi di deterrenza e credibilità strategica apre spazi di competizione o dialogo multipolare in cui l’influenza di grandi potenze revisioniste come Cina e Russia e l’autonomia tattica di potenze regionali coesistono e si muovono in un sistema senza architettura di sicurezza, dove ogni equilibrio è provvisorio e ogni guerra non è mai solo locale”, ha dichiarato Greta Cristini, sottolineando la complessità di un contesto geopolitico in continua evoluzione.
A seguire, Valerio Nicolosi ha evidenziato le difficoltà e la responsabilità del racconto giornalistico nei teatri di conflitto: “Negli ultimi anni la situazione internazionale è sempre più complicata, i conflitti sono attorno a noi e raccontarli direttamente sul campo è sempre più difficile. Eppure attraverso il lavoro e ascoltando le persone. E utilizzando le giuste parole, proviamo sempre a farlo nel modo più umano possibile.”
A concludere l’incontro, il teologo Vito Mancuso ha invitato a riflettere sul significato profondo dell’umanità: “C’è un “troppo umano” in senso negativo, che è quello a suo tempo sottolineato da Nietzsche (cui si deve l’espressione in oggetto), ovvero il troppo umano che coincide con l’egoismo, la stupidità, l’arroganza; ma c’è anche un “troppo umano” in senso positivo, intendendo con esso il desiderio di bene, di giustizia, di pace, di verità, quella tensione della coscienza morale che non è contenuta nell’umano ordinario e che per questo cerca orizzonti più alti. È da qui che nasce il pensiero generoso dell’utopia”.



