
La crisi climatica non è neutra. Donne e ragazze, soprattutto nei contesti più marginalizzati, sono tra le più esposte agli effetti dei cambiamenti climatici. Le crisi ambientali in corso mettono a rischio diritti fondamentali, tra cui quelli legati alla salute sessuale e riproduttiva.
La 30ª Conferenza sul Clima (COP30), che si terrà a Belém, in Brasile, sarà dedicata in particolare alle comunità indigene; un’occasione importante per cambiare prospettiva e riportare al centro le voci dei territori e delle persone più colpite dai cambiamenti climatici, in particolare le donne.
Quest'anno sosteniamo la partecipazione di Lydia Wanja Kingeru alla COP30, in collaborazione con l’ONG brasiliana Avuar Social. Con la sua partecipazione, Lydia Wanja Kingeru - giovane attivista e ricercatrice keniana impegnata per la giustizia climatica e lo sviluppo inclusivo -rappresenta la generazione che chiede azioni climatiche più eque e inclusive.
Grazie al progetto Sikiliza Sauti Yetu: Dunia Inaita! Finanziato dall’Unione Europea, prenderà parte a diversi eventi dentro e fuori i padiglioni di COP tra cui due eventi ufficiali UNFCCC nella Blue Zone, moderando il panel “COP30: A Legacy for Children and Youth in Climate Policies” (13 novembre) e intervenendo come relatrice a “Climate Empowerment: Achieving Children’s Rights and Youth Leadership for Just Climate Action” (15 novembre). Parteciperà inoltre alla Children’s Rights Press Conference (18 novembre).
Sostenendo la sua partecipazione, ribadiamo l’importanza di valorizzare la voce dei giovani nei processi decisionali globali, inclusi i negoziati sul clima. Insieme a Lydia ci sarà anche l’attivista indigena Brasiliana Glaubiana Alves, una delle voci della nostra ricerca On Our Lands, On Our Bodies, realizzata in collaborazione con il centro di ricerca ARCO e pubblicata in occasione della conferenza.
“La ricerca analizza come il cambiamento climatico influenzi la salute sessuale e riproduttiva delle donne, in particolare nelle comunità indigene e rurali. Si concentra su esperienze provenienti da Brasile, Kenya e Tanzania, dove le trasformazioni ambientali stanno modificando profondamente la vita quotidiana”, spiega Martina Albini, Coordinatrice del Centro studi di WeWorld.
“Il lavoro si ispira ai principi dell’ecofemminismo e adotta una prospettiva decoloniale: mette al centro la conoscenza, le esperienze e la leadership delle comunità locali, riconoscendone sia le fragilità sia la capacità di reagire e trovare soluzioni. Attraverso questo approccio vogliamo contribuire a costruire risposte più giuste e adeguate alle crisi intrecciate del cambiamento climatico e della disuguaglianza di genere”.
ON OUR LANDS, ON OUR BODIES – Testimonianze dai Paesi
BRASILE: Il genere conta. Le norme sociali influenzano l’accesso alle risorse, ai servizi sanitari e alle decisioni che riguardano la comunità
“La mia infanzia e adolescenza non sono esistite; le ho trascorse prendendomi cura dei miei fratelli più piccoli. Ero la maggiore di dieci fratelli e la mia comunità era piena di sofferenza e senza opportunità. La situazione idrica era terribile: dovevamo camminare per ore con i vestiti in testa da lavare, e tornavamo con il collo dolorante. Non c'era acqua corrente, solo pozzi salmastri che ci rendevano la pelle grigia; usavamo l'olio da cucina per idratarci." intervista tratta da On Our Lands, On Our Bodies – Brasile
In Brasile, lo studio condotto nelle comunità indigene del Ceará, evidenzia come il cambiamento climatico stia ridefinendo le dinamiche di potere all'interno delle famiglie. Il degrado ambientale minaccia i mezzi di sussistenza tradizionali e i sistemi alimentari. Gli eventi climatici estremi e le infrastrutture danneggiate limitano l’accesso ai servizi sanitari, con gravi effetti sulla salute di donne e bambini, mentre aumentano i casi di gravidanze precoci, matrimoni forzati e violenza di genere. Nonostante ciò, le donne indigene stanno assumendo ruoli di leadership all’interno delle famiglie e delle comunità, ma il peso delle norme patriarcali e la fragilità delle reti di supporto femminile rendono necessario un intervento mirato e sensibile al contesto locale.
KENYA: Le donne lavorano di più e riposano di meno. La scarsità d’acqua e di cibo aumenta il carico di lavoro domestico e agricolo, con conseguenze sulla salute fisica e mentale
"Ho osservato diverse aree critiche in cui il cambiamento climatico sta influenzando il benessere riproduttivo delle donne. Una cosa che vedo chiaramente è che le donne ora svolgono lavori molto più pesanti, anche durante la gravidanza. La situazione è aggravata dalla struttura patriarcale della proprietà terriera: sono gli uomini a decidere come utilizzare la terra, anche per piccoli orti. Tante donne sono costrette a lavorare nei campi altrui solo per guadagnare qualcosa." Intervista tratta da On Our Lands, On Our Bodies – Kenya
In Kenya, la ricerca condotta in tre contee, Narok, Isiolo e Kwalesu, sottolinea come i fattori legati al cambiamento climatico influiscono sulla salute riproduttiva e materna, in particolare attraverso le connessioni tra povertà e disgregazione delle infrastrutture. I rischi climatici come siccità, inondazioni e ondate di calore estremo, compromettono l’accesso all’acqua, con il 91% delle donne che segnala una riduzione dell’accesso ai servizi sanitari, l’89% che riferisce impatti negativi durante la gravidanza e l’83% riscontra peggioramenti nella gestione della salute mestruale. Più della metà delle intervistate (52%) mantiene comunque un certo grado di autonomia riproduttiva. Tuttavia, il consenso maschile, le difficoltà economiche e la scarsa informazione continuano a ostacolare l’accesso alla pianificazione familiare.
TANZANIA: Più povertà, più rischio. La precarietà economica alimenta tensioni in famiglia, violenza di genere e pratiche come i matrimoni precoci
"Le difficoltà economiche e lo stress causati dai rischi climatici rendono donne e ragazze più vulnerabili alla violenza di genere, inclusi matrimoni forzati, violenza sessuale e domestica. Ad esempio, le discussioni su come il padre, in quanto capofamiglia, possa provvedere alla famiglia spesso degenerano in violenza a causa del peggioramento della situazione economica." Intervista tratta da On Our Lands, On Our Bodies – Tanzania
In Tanzania, l’indagine svolta sull'isola di Pemba, nelle aree di Konde, Micheweni e Majenzi, ha mostrato come il cambiamento climatico influenzi la salute materna attraverso l’impatto sulle condizioni socioeconomiche locali. L’accesso all’acqua rappresenta una sfida critica: il 58% delle donne segnala difficoltà e l’81% è costretto a percorrere lunghe distanze per procurarsela, con rischi per la salute e per la sicurezza. L’insicurezza alimentare causata dal cambiamento climatico influisce negativamente sulla nutrizione materna e sull’allattamento: oltre la metà delle donne (56%) ha difficoltà ad accedere a cibi nutrienti. Lo stress ambientale influenza le decisioni sulla pianificazione familiare e aggrava i rischi per il benessere materno, in un contesto di crescente instabilità economica e sociale.
I RISULTATI
I risultati della ricerca condotta in Brasile, Kenya e Tanzania evidenziano come i cambiamenti climatici amplificano divari già esistenti, agendo da moltiplicatore delle disuguaglianze sociali, economiche e di genere. Dalla ricerca emergono punti chiave che accomunano i tre Paesi:
- Il cambiamento climatico amplifica le disuguaglianze. Le crisi ambientali accentuano le differenze economiche e sociali, colpendo più duramente chi ha meno risorse;
- Il genere conta. Le norme sociali influenzano l’accesso alle risorse, ai servizi sanitari e alle decisioni che riguardano la comunità;
- Le donne lavorano di più e riposano di meno. La scarsità d’acqua e di cibo aumenta il carico di lavoro domestico e agricolo, con conseguenze sulla salute fisica e mentale;
- Più povertà, più rischio. La precarietà economica alimenta tensioni in famiglia, violenza di genere e pratiche come i matrimoni precoci;
- Servizi sempre più lontani. Strade e ponti danneggiati rendono difficile raggiungere ospedali e centri sanitari, mettendo a rischio la salute materna e riproduttiva;
- Migrazione e isolamento. Gli uomini migrano in cerca di lavoro, lasciando le donne sole a gestire casa, figli e comunità in condizioni sempre più difficili.
LE RACCOMANDAZIONI:
La nostra indagine si conclude con una sezione di raccomandazioni per orientare politiche e pratiche che promuovano l’equità di genere, la salute e la giustizia sessuale e riproduttiva. Le raccomandazioni sono indirizzate ai diversi attori coinvolti: donatori e finanziatori internazionali, decisori politici, organizzazioni della società civile.
Nello specifico è essenziale che i finanziamenti siano orientati direttamente verso organizzazioni locali femministe e guidate da donne, che conoscono a fondo le esigenze delle comunità in materia di clima e salute sessuale e riproduttiva.
È fondamentale garantire una partecipazione reale e strutturata delle donne nei processi decisionali legati al clima.
Le Organizzazioni della Società Civile devono promuovere soluzioni locali che rispondano ai bisogni di salute riproduttiva delle donne, affrontando al contempo problematiche strutturali più ampie come insicurezza alimentare, scarsità d’acqua e l’aumento del lavoro di cura non retribuito.
I territori e chi li abita devono avere un ruolo centrale nelle decisioni sul clima. La COP30 può diventare un’occasione concreta per ascoltare queste voci e tradurle in politiche efficaci. Per farlo, servono impegni chiari, risorse adeguate e strumenti che garantiscano equità e protezione dei diritti di tutte le persone, ma in particolare di chi si trova ai margini, come donne e ragazze.
In questo contesto, la partecipazione di Lydia Wanja Kingeru vuole sottolineare l’importanza di riconoscere il ruolo fondamentale delle giovani generazioni e delle donne come agenti attivi nel contrasto ai cambiamenti climatici, portando alla COP30 proposte e soluzioni radicate nelle comunità locali e orientate alla giustizia sociale.



