Giornata Internazionale del Rifugiato 2023: cos'è, perché la celebriamo, i dati, le storie.

Ogni anno, il 20 giugno celebriamo la Giornata Internazionale del Rifugiato (International Refugee Day), istituita dalle Nazioni Unite nel 2001, per celebrare le persone rifugiate e mantenere i riflettori accesi sui loro diritti, compreso il diritto di vivere una vita dignitosa, senza distinzioni. 

Vivere una vita degna e sicura è, infatti, un diritto umano. Quando questo non è possibile nel proprio Paese d’origine, a causa di conflitti armati, violenza, violazioni di diritti umani, chiunque ha il diritto di cercare rifugio e trovare una vita migliore altrove, chiedendo protezione in un altro Stato.

Il numero di persone costrette a fuggire non è mai stato così alto.

Alla fine del 2022, le persone costrette a fuggire a causa di guerre, persecuzioni e disastri hanno raggiunto la cifra record di 108,4 milioni, 19 milioni in più rispetto al 2021 (UNHCR, 2023). In altre parole, significa che più di 1 persona su 74 nel mondo ha dovuto abbandonare la propria casa. Nel 2023, si prevede che questo numero salirà a 117,2 milioni (UNHCR, 2023).

Sempre secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), tra queste persone, si contano 35,3 milioni di rifugiati, che hanno abbandonato il proprio Paese per cercare protezione in un altro: si tratta del numero più alto mai registrato. Il 52% delle persone rifugiate è scappato da soli tre Paesi: Siria (6,5 milioni), Ucraina (5,7 milioni) e Afghanistan (5,7 milioni).

La maggior parte delle persone rifugiate fugge in Paesi non troppo lontani da quello d’origine. Nel 2022, infatti, 7 persone rifugiate su 10 si sono spostate in Paesi limitrofi. Nello stesso anno, il Paese che ha ospitato il maggior numero di rifugiati è la Turchia, con 3,6 milioni di persone, seguita dall’Iran, con 3,4 e dalla Colombia con 2,5 milioni. All’interno dell’Unione Europea, invece, il Paese che ha accolto più persone rifugiate è la Germania, per un totale di 2,1 milioni.

Bambine e bambini sono particolarmente esposti ai rischi delle migrazioni forzate. In Paesi fragili e destabilizzati, in cui si verificano continue violazioni dei diritti umani, la vulnerabilità di bambine e bambini migranti aumenta, esponendoli a violenze, abusi, rischio di sfruttamento, condizioni di vita precarie che possono produrre effetti gravi sul loro presente e futuro (WeWorld Index 2022).

Oggi, le migrazioni forzate stanno negando l’infanzia di milioni di bambine e bambini. Nel mondo 1 persona su 3 è un minore. Tra questi, il 40% è stato costretto ad abbandonare la propria casa. Le stime più recenti indicano che tra il 2018 e il 2022 più di 1,9 milioni di bambine e bambini sono nati rifugiati: ciò significa 385.000 nascite all’anno (UNHCR, 2023).


Definire i profili delle persone costrette a fuggire

Persona rifugiata: La persona rifugiata è una persona che scappa dal proprio Paese d’origine per cercare protezione in un altro perché teme di subire persecuzioni per una serie di motivi, come la religione, la razza, l’orientamento sessuale, le opinioni politiche, ecc. Infatti, la Convenzione di Ginevra del 1951 definisce la persona rifugiata come: […] chiunque, nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato.

Persona profuga: Si tratta di una persona che ha dovuto abbandonare la propria casa per ragioni di sopravvivenza, solitamente a causa di conflitti o disastri, e che se non rientra nei criteri stabiliti dalla Convenzione di Ginevra, non è necessariamente definita rifugiata.

Richiedente asilo: Una volta giunta in un altro Paese, la persona può chiedere asilo (diventando richiedente asilo) e ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, la più importante forma di protezione internazionale stabilita dalla Convenzione di Ginevra del 1951. Dunque, richiedente asilo è una persona, in attesa di responso, che ha chiesto a un Paese diverso da quello d’origine di essere protetta e di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato. Quando la richiesta viene accettata, la persona ottiene protezione dallo Stato di approdo e viene formalmente riconosciuta come rifugiata.

Persona sfollata (IDP): Una persona profuga o rifugiata non sempre riesce a fuggire dal proprio Paese. Nel mondo, 71,1 milioni (IDMC, 2023) di civili sono stati costretti ad abbandonare le proprie case per fuggire da guerre, persecuzioni o disastri naturali, senza attraversare un confine internazionale, e restando all’interno del Paese d’origine. Queste persone si definiscono sfollate interne (Internally Displaced Persons – IDPs).

WeWorld al fianco delle persone costrette a fuggire

WeWorld è al fianco delle persone costrette a fuggire in diversi Paesi. Nel 2022, siamo stati presenti in 10 Paesi per rispondere ai bisogni di quasi 4 milioni di persone costrette a lasciare la propria casa. In Ucraina e Moldavia, grazie ai centri informali di accoglienza, abbiamo garantito beni di prima necessità e supporto economico e psicosociale alle persone in fuga dalla guerra. Attraverso la CPA – Community Protection Approach, metodologia di analisi che abbiamo sviluppato e testato in diversi contesti di emergenza, abbiamo elaborato piani di risposta e protezione integrata coinvolgendo rifugiati e comunità ospitanti. In Libano e Burundi, abbiamo migliorato le condizioni di vita delle persone all’interno dei campi di accoglienza formali e informali. Abbiamo continuato a sostenere i palestinesi sottoposti a interventi di trasferimento forzato, migliorando le loro condizioni abitative. Infine, abbiamo condotto campagne di sensibilizzazione e informazione per aumentare la conoscenza dei diritti e la resilienza delle persone migranti.

Voci dal campo

Nel 2021, il Burundi ospitava circa 80.000 persone rifugiate dalla Repubblica Democratica del Congo (IOM, 2021). Qui, siamo al fianco di donne, bambine e bambini congolesi con l’obiettivo di migliorarne le condizioni sanitarie e l’accesso ai servizi soprattutto nell’ambito della maternità.

  • Mi chiamo Sifa. Ho 33 anni e sono arrivata in Burundi dal Congo 10 anni fa. Ora vivo qui nel campo profughi con mio marito e i miei sei figli. Ho avuto il primo dei miei figli a casa, avevo 21 anni. Gli altri cinque li ho partoriti qui [centro di salute nel campo profughi. L'ultimo è nato proprio ieri. Il travaglio è stato il più difficile ma abbiamo ricevuto assistenza qui al centro di salute, mi hanno fatto un'iniezione e dopo è andato tutto liscio
    Sifa, rifugiata congolese in Burundi
    Sifa, rifugiata congolese in Burundi

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Dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, WeWorld è presente nel Paese, grazie alla rete ChildFund Alliance, e in Moldavia per supportare le persone che sono fuggite dalla guerra.

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Dall'inizio del conflitto, in Moldavia sono arrivate più di 700.000 persone, rendendolo il Paese con il più alto numero di rifugiati pro capite (UNHCR, 2023). WeWorld ha deciso di intervenire in Moldavia immediatamente, in quanto uno dei confini più caldi nel fronte della guerra in Ucraina che, quindi, è subito diventato luogo di accoglienza per molte famiglie in difficoltà. Ad oggi, WeWorld ha sostenuto oltre 20.000 persone nel Paese, in particolare donne, bambini e bambine, con un approccio multisettoriale.

  • La mia città era bellissima prima dell’invasione russa, ma adesso è distrutta dai bombardamenti. Hanno colpito anche le scuole e ci sono molti missili inesplosi lungo le strade e nei parchi. Ancora non ho trovato il coraggio di chiedere se la mia casa è ancora lì o è stata distrutta dalle bombe
    Tania, rifugiata ucraina a Chișinău
    Tania, rifugiata ucraina a Chișinău

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