A giugno, la fine dell’anno scolastico ha coinciso con la conclusione dei laboratori promossi dal progetto S.F.E.R.A. – Sinergie per l’Empowerment della Rete Antiviolenza, che hanno coinvolto alcune classi di scuole elementari, medie e superiori nei quartieri di Scampia e Miano, in provincia di Napoli. 
Condotti dalle educatrici dello Spazio Donna WeWorld di Scampia, i laboratori hanno affrontato con strumenti e linguaggi differenziati, a seconda dell’età, temi cruciali come gli stereotipi di genere, il consenso e la prevenzione della violenza.  
«L’obiettivo – spiega Antonella Russo, dottoressa in Scienze dell'educazione che ha guidato le attività– è stato sempre quello di partire dalle emozioni per arrivare ad analizzare le dinamiche di potere e i modelli relazionali basati sugli stereotipi di genere». 

Educare alle emozioni per decostruire gli stereotipi
Con le fasce d’età più giovani, il lavoro si è concentrato sul riconoscere e decostruire gli stereotipi: «Abbiamo riflettuto su oggetti e comportamenti associati tradizionalmente al maschile e al femminile. Alcuni bambini dicevano che le bambine non possono giocare a calcio, altri si rifiutavano di tenere in mano un palloncino rosa. Abbiamo cercato di capire insieme da dove nascono questi automatismi» continua Russo.

Tra i momenti più significativi, il lavoro sul consenso, affrontato anche nel contesto dell’amicizia e delle relazioni tra pari. «Abbiamo visto emergere dinamiche e vissuti molto concreti, già presenti anche in giovane età», racconta Russo. 

Adolescenza e rappresentazioni culturali: l’analisi dei testi musicali per smascherare modelli distorti
Con le classi delle scuole superiori, il percorso ha preso un’altra forma, passando attraverso l’analisi di testi musicali molto ascoltati dai ragazzi e dalle ragazze, ma problematici nei contenuti. «Molti studenti e studentesse hanno ammesso di non aver mai prestato attenzione al significato dei testi. L’analisi ha permesso di avviare una riflessione profonda su come la musica contribuisca a normalizzare visioni distorte della relazione, del desiderio e delle donne». 

Non sono mancate le resistenze, soprattutto da parte dei ragazzi: «Le ragazze mostravano maggiore consapevolezza teorica dei propri diritti, anche se nelle attività pratiche emergevano insicurezze. Tra i ragazzi è emersa una spaccatura: circa la metà partecipava con apertura, l’altra metà mostrava fastidio o disinteresse dichiarato. Alcuni dicevano esplicitamente di essere stanchi di questi argomenti». 

Tra risultati e ostacoli: l’esito degli interventi nelle scuole
Il bilancio generale è comunque positivo, anche se le operatrici segnalano alcuni punti critici: la necessità di maggiore tempo per trattare le tematiche affrontate, un miglior coinvolgimento degli insegnanti e una programmazione anticipata dei percorsi. «In molte classi siamo arrivate tardi, quando erano ormai proiettate verso la fine dell’anno. Sarebbe utile iniziare questi progetti all’inizio, per costruire relazioni più solide e dare continuità al lavoro». 

Tra le attività conclusive, un piccolo rito finale ha aiutato a tirare le fila del percorso svolto: ogni studente riceveva un biglietto con il proprio nome, su cui i compagni e le compagne potevano lasciare pensieri e messaggi anonimi, con la chiara indicazione di evitare offese. In alcune classi questo momento si è trasformato in un’occasione di scambio autentico e affettuoso. In altre, purtroppo, sono emersi episodi di esclusione e derisione verso compagni e compagne più fragili. «Abbiamo deciso di non leggere pubblicamente i messaggi offensivi e di gestire la situazione con colloqui individuali. È stato un segnale importante: anche questi episodi ci raccontano quanto lavoro ci sia ancora da fare». 

Tempi, relazioni e continuità: cosa serve per fare davvero prevenzione a scuola
Nonostante le criticità emerse, i laboratori hanno lasciato un segno profondo. In molte classi, il clima di fiducia costruito ha permesso di aprire spazi di ascolto e confronto sinceri, in cui ragazze e ragazzi si sono sentiti liberi di esprimersi. Alcuni studenti e studentesse, anche nelle classi non direttamente coinvolte, hanno chiesto di poter partecipare: un segnale forte del bisogno – e del desiderio – di affrontare questi temi. 

Il progetto ha mostrato che portare l’educazione affettiva e di genere nelle scuole non è solo possibile, ma necessario. Con il giusto tempo, strumenti adeguati e il coinvolgimento attivo della comunità scolastica, è possibile generare consapevolezza, rompere stereotipi e costruire relazioni più sane. Un lavoro che non si esaurisce in un laboratorio, ma che – proprio come nelle relazioni – richiede continuità, presenza e cura. 

S.F.E.R.A. – Sinergie e Formazione per l’Empowerment della Rete Antiviolenza – è un progetto finanziato da Fondazione Con Il Sud e attivo nei territori di Napoli, Caserta e Aversa. L’iniziativa mira a rafforzare l’autonomia e l’empowerment delle donne attraverso servizi dedicati, percorsi di formazione e azioni di sensibilizzazione. Il progetto prevede l’attivazione di tirocini e corsi professionali, il potenziamento dei servizi territoriali e la costruzione di una rete solida e competente, attraverso la formazione di figure professionali come personale sanitario, giornalisti e giornaliste, forze dell’ordine, docenti. L’obiettivo è creare condizioni concrete di sostegno, ascolto e autodeterminazione per ogni donna.
Sono partner del progetto: Cooperativa Spazio Donna in qualità di capofila, Patatrac, Associazione Giovani per l’Europa, Telefono Rosa di Napoli, Volontà Donna Marcianise ODV e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.