Conclusa la COP27 è il momento delle riflessioni. Cosa resta? Che prospettive ci sono? Ce lo siamo chiesti dopo aver partecipato all'ultima edizione della Conferenza delle Parti grazie alla presenza di 5 giovani attiviste della campagna #ClimateOfChange - la campagna che promuoviamo a livello europeo per raccontare il nesso tra cambiamento climatico e migrazioni - che si sono fatta portavoce degli oltre 100 mila giovani che, in tutta Europa, hanno firmato una petizione per chiedere politiche più ambiziose.

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Per rispondere abbiamo chiesto un commento a Margherita RomanelliCoordinatrice Policy & Advocacy Internazionale di WeWorld, che spiega cosa è andato bene, cosa ha deluso e i prossimi passi.

“L’accordo preso alla COP27 per l’istituzione del fondo loss&damage segna una nuova alba per la giustizia climatica. I governi hanno posto la prima pietra di un nuovo strumento, atteso da tempo, per fornire un sostegno vitale ai Paesi e alle comunità vulnerabili, già devastati dall’accelerazione della crisi climatica. Per noi questo è un elemento fondamentale perchè risponde ad una delle richieste della nostra petizione che abbiamo sottoposto ai policy makers proprio in occasione di COP27 e che ha raccolto oltre 100 mila firme di cui il 40% in Italia. Rendere concreto un meccanismo di accountability che implica un risarcimento in casi di danni provocati va nella direzione giusta, quelle verso cui stiamo chiedendo che le imprese mettano in pratica una due diligence ambientale (oltre che dei diritti umani) che si basi sui meccanismi di prevenzione (con piani concreti per ridurre le emissioni) e su quelli di risarcimento proporzionale ai danni ambientali che in caso vengano arrecati. Pagare una giusta cifra per le conseguenze di pratiche scorrette significa risarcire chi deve supportare le conseguenze del riscaldamento globale ma anche creare un deterrente a comportamenti scorretti nel futuro. Occorre però spingere anche per cambiamenti sistemici nell’UNFCCC, dove c’è ancora iniquità e prevale il dominio dei Paesi industrializzati dell’UE e degli Stati Uniti, e serve fare chiarezza su quali e quanti fondi verranno impegnati per risarcire i paesi maggiormente afflitti dal cambiamento climatico. Sul lato della prevenzione, della riduzione di emissioni, dispiace che la COP27 non sia stata all’altezza della scienza affrontando la causa principale delle crisi climatiche, ovvero il combinato disposto di uso di carbone, petrolio e gas, un vero e proprio “l’elefante nella stanza”, visto il gran numero di lobbisti dei combustibili fossili presenti alla COP27 e i negoziati bilaterali che si sono svolti a latere tra i singoli paesi. Quello che abbiamo visto andare in scena a Sharm el Sheik è stata una battaglia di retroguardia da parte delle lobby del fossile, che negli anni hanno prima negato la scienza del clima, poi hanno ritardato le politiche climatiche e ora tentano di promuovere false soluzioni climatiche che non può avvenire se non abbandonando totalmente i combustibili fossili. La giusta transizione energetica, dove il fossile non ha posto, è già iniziata in tutto il mondo, ed è inevitabile se vogliamo preservare la vita e il pianeta. Bisogna però drammaticamente accelerare, e ci aspettiamo dai prossimi negoziati e da COP 28 molto più coraggio e incisività”.

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