Sono Etienne Mugula e lavoro come coordinatore medico in Burundi per WeWorld. In Burundi, la povertà e l’instabilità socio-economica sono tra i fattori determinanti l’insicurezza alimentare.

La principale lotta è quella alla malnutrizione cronica che colpisce 6 bambini su 10 sotto i 5 anni e che combattiamo ogni giorno, non solo rafforzando la resilienza delle popolazioni più vulnerabili, ma anche accompagnando e assistendo le donne incinte dal momento del concepimento fino ai 2 anni di età del bambino. Il problema più grande per i bambini è l’accesso alla salute. Nel 2006 il Governo aveva decretato la gratuità dei servizi sanitari per minori, donne incinte e allattanti ma l’attuazione della politica si è scontrata con la realtà complessa del paese, rendendo difficilmente accessibili i servizi sanitari che comunque rimangono indirizzati esclusivamente ai cittadini e non ai rifugiati o richiedenti asilo.

Questi ultimi, infatti, non sono integrati all’interno del sistema sanitario nazionale. È per questo che abbiamo deciso di garantire assistenza medica, supporto nutrizionale e appoggio psicosociale alle vittime di violenza di genere. Garantiamo lo screening medico a tutti i rifugiati e ai rimpatriati burundesi al momento del loro arrivo – circa 4.000 ogni settimana - lo screening nutrizionale e una terapia preventiva a tutti i bambini sotto i 5 anni e alle donne incinte o in allattamento, nonché la distribuzione di kit contenenti farmaci antiretrovirali, test di gravidanza e farmaci per le malattie sessualmente trasmissibili alle vittime di violenza. Qui, infatti, molte donne vivono in povertà e subiscono gravi violazioni dei loro diritti. Nonostante il Burundi si sia impegnato a ridurre queste disuguaglianze, la cultura non facilita il percorso per la parità di genere.

Per fortuna i 5 campi rifugiati – che ospitano oltre 50.000 persone – in questi mesi non sono stati fortemente colpiti dalla pandemia in corso, che ha fatto registrare davvero pochi casi isolati. Il Covid-19 ha però fatto sì che la gente non venisse più nei centri di salute per paura. Le attività di sensibilizzazione e l’aver creato un triage di accoglienza e dei reparti di isolamento hanno però convinto le persone a tornare. La paura comunque rimane, e se prima la febbre era un campanello d’allarme per la malaria, adesso si pensa subito al Covid.  

Più che sulla salute però, penso che in Burundi il Covid-19 impatterà principalmente sull’economia del Paese e, in parte, già si vede. Da circa 10 mesi le frontiere sono chiuse, limitando gli affari. Questo influirà sicuramente sull’accesso alla salute della popolazione, svantaggiando soprattutto chi soffre di malattie croniche e i più vulnerabili.

Credo però che il Covid-19 lascerà un impatto positivo: l’igiene. In tutte le strutture si sono moltiplicati gli interventi pulizia e ciò che adesso è diventato una routine sono convinto rimarrà anche oltre il Covid. 

*Articolo apparso su "La parola all'Africa", il numero di VITA dell'aprile 2021

L’impegno di WeWorld in Africa per la Salute

Ogni individuo mette la buona salute al primo posto delle sue priorità e le persone che godono di buona salute sono un sostegno fondamentale per lo sviluppo e il benessere delle società in cui vivono. WeWorld promuove il diritto alla salute supportando le strutture pubbliche principalmente in Africa sub-sahariana (Benin, Burkina Faso, Burundi, Kenya e Mozambico). In un’ottica di salute globale, WeWorld agisce in modo integrato con gli altri settori di intervento correlati: cibo, acqua, educazione, diritti e aiuti umanitari. Nelle aree più povere, in particolare Burkina Faso, Burundi, Senegal e Kenya, gli interventi sanitari vanno a integrare la lotta contro la malnutrizione dei bambini e delle loro madri. Nel 2019, infatti, ha garantito lo screening a 144.505 bambini e preso in carico i casi più gravi. Per garantire l’accesso alle cure e una migliore qualità dei servizi offerti, WeWorld ha creato o rafforzato 141 presidi sanitari pubblici per oltre 136.000 persone, dotandoli di strumentazione e sostenendone la gestione. In Burundi, in particolare, l’organizzazione ha migliorato le attività di 128 centri di salute in 9 distretti rurali e i servizi sanitari nei 5 campi per rifugiati congolesi gestiti dall’UNHCR. Nei diversi paesi, infermieri e medici sostenuti dai progetti hanno svolto 194.136 visite mediche a 85.000 pazienti, in aggiunta alle prestazioni sanitarie contro la malnutrizione. Una promozione della salute efficace parte dagli agenti di salute, medici e volontari che prestano servizio nelle comunità. Per questo nel 2019 sono stati organizzati 426 corsi di aggiornamento, coinvolgendo quasi 6.000 persone. Nei progetti la prevenzione è prioritaria, raggiungendo 54.800 persone attraverso la vaccinazione contro il morbillo e la prevenzione del colera in Burundi e una campagna contro i parassiti intestinali nelle scuole del Benin. Attraverso campagne più ampie di salute pubblica, nutrizione ed igiene, salute materna e riproduttiva, prevenzione dell’HIV, ebola e malaria, WeWorld ha sensibilizzato quasi 122.500 persone, riducendo il rischio di contrarre malattie. Lo abbiamo fatto in 9 paesi, attivando i membri delle comunità per la diffusione delle buone pratiche. In particolare, le donne hanno agito come modelli per altre mamme e famiglie, promuovendo comportamenti virtuosi per la prevenzione sanitaria. Infine, il personale sanitario e gli insegnanti presso le scuole, con il supporto dei social media e delle radio, hanno diffuso importanti messaggi per il benessere e lo sviluppo umano.