I media internazionali tendono a settorializzare l'attenzione pubblica, delimitandola a una crisi umanitaria alla volta. Per questo motivo è indispensabile continuare a puntare i riflettori su crisi dimenticate e protratte, come quella dell'Afghanistan, che è una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, dove si prevede che il 58% della popolazione (corrispondente a circa 23,7 milioni di persone) avrà bisogno di assistenza umanitaria nel 2024.

Il contesto

Milioni di persone sono colpite da una grave insicurezza alimentare, malnutrizione, sfollamento e rischi di protezione. Allo stesso tempo, il Paese sta attraversando anche una grave recessione economica - che ha portato alla perdita dei mezzi di sussistenza per milioni di afghani - e  vive in un contesto politico restrittivo, che continua a violare i diritti umani, soprattutto quelli di donne e ragazze - e ostacola l'accesso agli aiuti umanitari. Inoltre, una prolungata siccità, unita a decenni di cattiva gestione, ha causato una diffusa crisi idrica che ha colpito tutte le 34 province e ha portato alla perdita di raccolti, del bestiame e all’aumento di infezioni ed epidemie.

Inoltre, l'Afghanistan rimane un'emergenza anche in termini di protezione, con alti livelli di sfollati interni, forti restrizioni alla libertà di movimento, aumento del rischio di violenza di genere, di lavoro minorile e di matrimoni precoci, nonché una crescita nei bisogni legati alla salute mentale e al supporto psicosociale.A mettere ulteriore pressione su una situazione già disastrosa, nell'ultimo trimestre del 2023 si è assistito al ritorno di quasi mezzo milione di afghani dal Pakistan, a seguito di una nuova politica di deportazione degli stranieri privi di documenti.Questa crisi ha messo a dura prova i punti di frontiera e le comunità ospitanti, aumentando i bisogni umanitari dei rimpatriati e della popolazione in senso più ampio.  

Di fronte a una tale situazione, nel 2023 il piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per l'Afghanistan è stato finanziato solo al 45%, rispetto al 76% del 2022. Questo dato è ancora più allarmante in questi giorni, in cui la popolazione afghana sta affrontando anche i rigidi mesi invernali, trovandosi spesso a dover scegliere tra assicurare un pasto alla propria famiglia, spesso l'unico durante la giornata, o riscaldare la propria abitazione. 

A pagare il prezzo più alto sono i gruppi a cui il governo de facto nega il maggior numero di diritti: le donne, e in particolare quelle che si sono trovate a capo della propria famiglia, dovendo prendersi cura dei figli e delle figlie senza avere il diritto di ricevere un reddito o di uscire di casa in modo indipendente. Queste condizioni mettono a rischio il loro accesso al cibo e quello dei bambini e bambine che dipendono da loro.

La nostra consigliera delegata Dina Taddia è una delle voci protagoniste della seconda puntata di "Vite sospese", il nostro podcast con l’Espresso. Ascoltala qui.

Il nostro intervento

Abbiamo ripreso le operazioni nel Paese alla fine del 2021, proprio per sostenere i nuclei familiari guidati da donne, la maggior parte delle quali rimaste vedove o abbandonate dai mariti. Da allora, grazie al nostro partner di lunga data Rural Rehabilitation Association for Afghanistan (RRAA), abbiamo attivato il progetto Cash for Food nelle aree rurali del distretto di Kushk Robat-e-Sangi nella provincia di Herat - nel nord-ovest dell'Afghanistan -, raggiungendo più di 500 famiglie tramite la distribuzione di 80 dollari al mese per l'acquisto di cibo e beni di prima necessità. 

In seguito al terremoto dello scorso ottobre, abbiamo adattato il nostro intervento in modo tale da rispondere alle nuove esigenze di 310 famiglie attraverso la distribuzione di denaro e kit invernali. Di fronte a questa emergenza e alle altre che colpiscono pesantemente la popolazione dell'Afghanistan, il nostro sostegno persiste, soprattutto nei confronti di coloro che si trovano in condizione di maggiore vulnerabilità, e in particolare durante i mesi invernali, quando le temperature estremamente basse compromettono ulteriormente l'accesso ai beni e ai servizi di base.

Le voci delle nostre persone beneficiarie

Fatima è una donna di 37 anni che vive da sola con i suoi tre figli nel villaggio di Robat Sangi Uliya, nel distretto di Robat-e-Sangi. Due anni fa ha perso il marito a causa della tossicodipendenza e si è ritrovata a capo della propria famiglia, nonché sola nel dover provvedere per i suoi figli. La sua famiglia è stata selezionata nel nostro programma e ha ricevuto assistenza per 5 mesi: 

"Ho dovuto affrontare molte difficoltà da quando mi sono ritrovata a capo della mia famiglia. Ogni giorno dovevo andare a lavorare nelle case vicine per soddisfare i bisogni dei miei figli. Dato che vivo nel villaggio, e non in città, la maggior parte delle famiglie sono povere e non possono più permettersi di avere qualcuno che lavori in casa. È diventato difficile trovare un lavoro o anche solo spostarsi per cercarne uno altrove. In casa mia non c'era cibo per nutrire i miei figli tre volte al giorno come una famiglia normale e la sera mangiavamo pane con tè, senza alcun dolce: almeno il pezzo di pane ci ha salvato la vita.  

Sia io che i miei figli siamo felici di essere stati selezionati come beneficiari diretti di questo progetto. Ho potuto provvedere del cibo per i miei figli e alle altre piccole necessità della mia famiglia grazie al denaro che ho ricevuto per cinque mesi; è stato davvero un grande sostegno, che ha salvato e ha messo in sicurezza i miei figli e me stessa, viste le difficili condizioni in cui ci siamo trovati.

Grazie per avermi fornito questa assistenza, spero di ottenerne altre perché non ho alcuna fonte di reddito per rispondere alle esigenze della famiglia, anche se questi cinque mesi sono stati  di grande aiuto per comprare cibo, vestiti e materiale didattico per i miei figli, portando cambiamenti e rendendo la nostra quotidianità più facile".


Fatima e i suoi tre figli durante l’intervista del nostro partner RRAA

Aziz Gul è una donna di 35 anni, madre di 4 figli, che vive da sola nel villaggio di Khalifa Rahmat Ulia, nel distretto di Robat-e-Sangi. Quattro anni fa, suo marito è morto cadendo da un cantiere dove stava lavorando in Iran. Anche la sua famiglia è stata selezionata nel nostro programma e ha ricevuto 5 turni di distribuzioni di denaro. Anche Aziz Gul ha condiviso con noi la sua storia:

"Anche se eravamo in difficoltà quando mio marito era ancora vivo, ho dovuto affrontare molti più ostacoli da quando ho dovuto prendermi la responsabilità dei miei figli da sola. Non c'era reddito per sfamarli né per rispondere alle nostre esigenze".

Dopo la morte del marito, Aziz Gul è stata costretta a vivere con il cognato, che non percepiva un reddito e non poteva mantenerli. 

"Poiché non avevamo cibo, la mia figlia più piccola è malnutrita e sono stata costretta a chiedere prestiti ai miei vicini e ad altri parenti per nutrirla e curarla insieme ai miei altri figli. Di notte facevo la sarta e di giorno andavo in giro per il villaggio a fare il pane per guadagnare qualcosa per sfamare i miei figli. 

Quando sono stata selezionata come beneficiaria per ricevere l'assistenza in denaro per cinque mesi, è stata davvero una bella notizia e ci ha reso felici: con il denaro in contanti ho potuto dare del cibo ai miei figli, fornire loro vestiti e materiale per andare a scuola, curarli se si ammalavano, e il tutto senza dover uscire a cercare qualsiasi tipo di lavoro".


Aziz Gul e i suoi quattro figli