
In Siria, dopo aver ricostruito le scuole di Aleppo e Deir Ez Zor, GVC ha avviato dei corsi formativi per aiutare gli insegnanti e gli studenti a riconoscere i pericoli derivanti dalla presenza di mine, trappole esplosive e bombe inesplose.
Incuriosito, ha preso da terra un oggetto. Sono bastati pochi secondi per perdere tutte le dita della mano. Quello che è accaduto poche settimane fa a un bambino di sedici anni nel distretto di Dayr Hafir, si ripete sempre più spesso in Siria. Dopo 8 anni di guerra, anche nelle zone pacificate sono rimaste mine, trappole esplosive e bombe inesplose. Alle volte, sono nascoste in giocattoli, pentole, cuscini e teiere. Alcune aree, sono interamente disseminate di ordigni: si trovano nei campi, sui tetti delle case, ovunque. Anche per questo, andare a scuola spesso può ancora oggi rappresentare una minaccia per i bambini siriani. Delle 7.200 vittime causate dalle mine nel 2018, infatti, secondo i dati dell’Onu, 2.452 sono bambini. Ignorano e non riconoscono il pericolo, giocano in strada e sono i più esposti al rischio causato da questi ordigni, spesso volutamente confezionati e nascosti per colpire i civili. In realtà, non risparmiano anche i loro padri. “Il 13 marzo, poco dopo l’alba, le mie pecore erano al pascolo e io ero lì con loro. Sono rimasto vittima dell’esplosione di una mina, mentre camminavo vicino Adananieh. E’ così che mi hanno dovuto amputare la gamba destra” racconta Mohammed, un uomo di 36 anni che abita ad Al Zaraa. Lo stesso è accaduto a Ali, un mese dopo. L’epilogo, però, è ben più tragico. Era uno dei tanti sfollati arrivati nel villaggio di Quirs. Proprio mentre portava fuori il bestiame, una mina è esplosa, uccidendolo a soli 33 anni. Aveva cinque figli ancora piccoli e una moglie che non lavora e che ora non può contare su alcun sostegno economico.
Gli ordigni bellici agiscono subdolamente, con effetti devastanti sulle vite di donne, uomini e bambini. Per questo è indispensabile, ora, insegnare alla popolazione a riconoscerli e evitarli. Nel governatorato di Aleppo, grazie a Unicef e nel quadro della partnership globale Education Cannot Wait (ECW) GVC ha dato vita al progetto YA HALA anche per informare e aiutare docenti e studenti sui rischi connessi alla presenza di mine antiuomo, ordigni inesplosi, trappole esplosive e cluster bombs nell’area urbana ed in quelle rurali di Dayr Hafir, Al bab, al Khafsa, As-Sufira, Saman e Maskana.
Tra ottobre e novembre, 180 insegnanti hanno seguito i corsi volti a offrire linee guida su come riconoscere ciascun tipo di ordigno, sugli effetti psicologici, fisici e economici ma anche su come avviare campagne informative nelle classi e servirsi di kit specifici per aiutare i più piccoli a non finire in questa trappola. A gennaio, inoltre, si terranno dei corsi che coinvolgeranno direttamente gli studenti. “Gli insegnanti ci dicono che non è affatto facile relazionarsi con bimbi che hanno sviluppato traumi psicologici a causa delle mine. Perché a fare male non sono solo i segni che rimangono sui loro corpi ma anche le ferite emotive che faticano a guarire - racconta Giulia, una delle nostre cooperanti -. Oltre a cure mediche, i minori hanno bisogno anche di psicoterapia e insegnanti preparati e pronti a riconoscere le loro sofferenze e a offrire loro un aiuto concreto. Questo tipo di sostegno, ci raccontano, dovrebbe essere individuale perché i bisogni sono diversi e cambiano di studente in studente”.