Masharia al Qaa è un'area al confine tra Libano e Siria. Qui la percentuale dei rifugiati siriani supera ampiamente quella dei cittadini libanesi. Alla fine del 2016, nella Municipalità di al Qaa, ci sono stati quattro attentati suicidi e per questo l'accesso all'area è stato complicato per gli operatori umanitari. Eppure, GVC ha continuato a intervenire per riportare l'acqua nei campi e contrastare le contaminazione delle risorse idriche, anche grazie al sostegno dell'8x1000 della Chiesa Valdese. Alcuni rifugiati oggi ci raccontano cosa significhi vivere in un luogo in cui spesso si rischia di non avere altra alternativa che bere dell'acqua che, passando attraverso dei miscelatori, finisce per essere contaminata da fertilizzanti e batteri rischiosi per la salute.

Aziza vive in un campo ad al Qaa. Photo credit: Michele Monni/GVC Libano

IN FUGA DALLA GUERRA, RIFUGIATI A MASHARIA      Quando sei anni fa Aziza è fuggita dalla guerra e ha abbandonato Hama insieme ai suoi dieci figli, non ha avuto altra scelta che fermarsi in un campo a Masharia al Qaa, al confine tra Libano e Siria. “Qui, all'epoca, c'era un pozzo ma l'acqua non era buona, era salata. Eravamo costretti a acquistarla in bottiglie di plastica. La situazione era davvero insostenibile” racconta. Oggi ha 59 anni e vive ancora lì, insieme alla sua famiglia, in una tenda ospitata in un campo che appartiene a un proprietario terriero libanese. Molti rifugiati si spostano da un appezzamento all'altro nella stessa zona. Lei no, lei è rimasta lì, nonostante i disagi. Non è andata via, anche se, nella seconda metà del 2016, una serie di attacchi terroristici ha reso necessaria l'interdizione dell'accesso agli operatori umanitari nella municipalità di Qaa. Non è andata via anche se spesso i rifugiati come lei vengono scacciati e la vita rischia di diventare un inferno. Ma tra tutti i diritti che la guerra ha negato a persone come Aziza e alla sua famiglia, la possibilità di avere accesso all'acqua è forse quella che crea maggiori difficoltà nella quotidianità.


La figlia e la nipote di Yusra Photo credit: Michele Monni/GVC Libano

L'ACQUA NEI CAMPI E' SINONIMO DI VITA      “L'acqua ci serve per cucinare, per irrigare il nostro orto, indispensabile per la nostra autonomia alimentare. Senza l'acqua non potremmo sopravvivere” racconta. Per questo GVC qui ha installato di recente 7 serbatoi ed ora sta lavorando per realizzare un intervento che renderà possibile fornire acqua ad almeno 70 persone nel campo, dando la possibilità a ciascuna famiglia d'averne una quantità maggiore a disposizione.

Yusra viene da Homs Photo credit: Michele Monni/GVC Libano

IL PROGETTO PER I RIFUGIATI DI MASHARIA      I problemi da affrontare per i tecnici delle ong che operano nel WASH – settore della cooperazione allo sviluppo che si occupa di garantire acqua, salute e igiene alla popolazione – sono tanti e complessi. GVC, però, ha continuato a essere attiva anche quando a al Qaa c'è stato il rischio di attentati. Grazie ad un'azione coordinata con le Nazioni Unite e le Municipalità, in quel periodo GVC ha potuto avere comunque accesso alla zona in tempi ragionevoli, tali da consentire un intervento in favore dei rifugiati, anche grazie a un progetto finanziato dall'8x1000 della Chiesa Valdese e dalla Direzione Generale per gli aiuti umanitari e la protezione civile della Commissione Europea (DG ECHO). Il loro sostegno, oltre a consentire a GVC di fornire tende sicure per i rifugiati, ha anche permesso di acquistare e distribuire 90 taniche da mille litri per la conservazione dell'acqua da destinare a 180 famiglie e di installare 50 latrine. Sono inoltre state svuotate le fosse.

Masharia al Qaa, gli operatori di GVC mostrano l'intervento fatto a un rifugiato Photo credit: Michele Monni/GVC Libano

L'ACQUA      C'è comunque ancora molto da fare per evitare che l'acqua che i rifugiati usano quotidianamente sia quella contaminata da batteri e concimi. “I pozzi dell'area di Masharia non sono contaminati. Nessuno versa concime o fertilizzanti direttamente nei pozzi perché tutti, siriani e libanesi, sanno quanto sia importante avere acqua potabile- spiega Luca De Sano, Wash and shelter coordinator di GVC in Libano- Masharia è una delle aree del Libano in cui l'acqua può essere bevuta direttamente, senza alcun tipo di trattamento, a differenza di molte altre zone. Il problema principale, però, è dato dal fatto che l'acqua dei pozzi viene usata prevalentemente per uso agricolo e quindi, spesso, quando viene pompata dai pozzi, passa attraverso dei miscelatori nei quali vengono addizionati fertilizzanti -continua-. In alcuni siti, i rifugiati prelevano l'acqua dopo che è stata trattata con i fertilizzanti e questo fa sì che, in alcuni periodi dell'anno, ci sia rischio di contaminazioni”. E infatti Nawaf, un uomo di origini siriane di 42 anni che ha tre bambini che è arrivato in Libano nel 2012, racconta: “In passato, il proprietario terriero usava i fertilizzanti e i componenti chimici finivano nell'acqua- racconta-. Noi non lo sapevamo ma abbiamo sentito il cattivo odore che emanava dall'acqua e così abbiamo smesso di berla”. Uno degli interventi che GVC sta effettuando è quello di connettere le water tank dei rifugiati direttamente alle condutture in uscita dai pozzi, prima dei miscelatori dei fertilizzanti, in modo tale che i rifugiati abbiano accesso all'acqua pulita. Inoltre, nel campo in cui vive Nawaf, GVC ha fornito ai rifugiati dei filtri per l'acqua. “E' un'attività che svolgiamo in quelle località in cui le persone bevono acqua proveniente da canali agricoli o da sorgenti e fiumi -spiega Luca De Sano-. In queste particolari condizioni l'acqua è spesso molto torbida, soprattutto dopo i periodi di pioggia, e potrebbe essere contaminata da batteri perchè i canali sono utilizzati anche dagli animali per abbeverarsi. L'utilizzo di questo tipo di filtri permette di rimuovere la torbidità (particelle in sospensione nell'acqua) e di contrastare la presenza di batteri”. 

Libano, bambini che vivono in un campo a Masharia Photo credit: Michele Monni/GVC Libano

AL CONFINE TRA SIRIA E LIBANO      A Masharia, inoltre, GVC ha installato diverse latrine. “Ci ha molto aiutato, anche se avremmo bisogno di più latrine e di più acqua- aggiunge-. Certo, l'acqua che oggi c'è nel campo, grazie a GVC, risulta essere più che sufficiente ma è la qualità che non sempre è buona. Possiamo irrigare i campi, usarla per l'igiene e per cucinare ma alle volte siamo costretti ad acquistare quella da bere”. Grazie al sostegno della Chiesa Valdese e di ECHO European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations, GVC è intervenuta negli anni passati nell'area di Masharia per realizzare un collegamento tra le 90 cisterne installate e i pozzi agricoli. Inoltre, gli operatori di GVC hanno spiegato ai rifugiati come realizzare la connessione per evitare la contaminazione delle acque. Negli anni, l'organizzazione non ha mai smesso di effettuare periodiche analisi chimiche e batteriologiche per monitorare la qualità delle acque e intervenire in caso di necessità.

Una donna e una bambina prendono l'acqua da una cisterna Photo credit: Michele Monni/GVC Libano

LA TESTIMONIANZA DI YUSRA      Sempre nell'area di Masharia, non molto distante da lì, nel campo di un altro proprietario terriero, vive Yusra, insieme alle figlie e alle mogli dei suoi figli. Si prende cura di due mucche, cinque pecore, polli e piccioni: non sono di sua proprietà ma sono indispensabili per la sopravvivenza della sua famiglia, così come il piccolo orto. Anche l'acqua proviene da un pozzo che appartiene al proprietario terriero. Niente su queste terre appartiene ai rifugiati, la permanenza delle loro tende su quel suolo deve essere conquistata col sudore. Il marito e i figli di Yusra lavorano per il proprietario terriero. “Tutte le famiglie che vivono in quest'area hanno bisogno dell'acqua fornita da quel pozzo. Senza, non vivremmo. Senza acqua, c'è solo morte” ripete Yusra. “Da quando GVC è intervenuta per garantire a noi l'acqua, la situazione è migliorata ma affrontiamo ancora dei problemi – dice-. Il generatore che serve per azionare la pompa consuma molta elettricità e le tubazioni sono molto piccole ma devo ammettere che la situazione è davvero molto migliorata”.

Bologna, 26 marzo 2018

 

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