La scuola non va in vacanza. O, almeno, non dovrebbe. Non in Italia, dove milioni di studenti e studentesse non torneranno tra i bachi di scuola per 14 settimane. Da quanto tempo non viene fatta una riforma strutturale della scuola, che tenga in considerazione l’evoluzione della società? È ancora necessario interrompere le lezioni per oltre tre mesi consecutivi? Ma soprattutto: quali conseguenze ha un’interruzione prolungata del processo formativo? Queste le domande a cui abbiamo provato a rispondere insieme a Francesca Fiore e Sara Malnerich del duo Mammadimerda alla chiusura delle scuole.

In Italia milioni di studenti e studentesse non torneranno tra i bachi di scuola per 14 settimane, la pausa estiva più lunga che si registri in Europa: in Francia sono previste 8 settimane di pausa; la Danimarca, la Germania e il Regno Unito ne fanno 6; in luoghi dove le temperature sono similari all’Italia vediamo la Croazia che ne fa 10; Malta 12 e la Grecia dalle 10 alle 12. La Spagna varia da un minimo di 8 a un massimo di 14.

Per i ragazzi e le ragazze però, una pausa così lunga si trasforma di fatto in perdita di competenze, aumento di disuguaglianze e casi di abbandono scolastico, specialmente tra chi proviene da contesti più svantaggiati a livello socioeconomico e culturale. Non tutti i bambini e le bambine hanno, infatti, la possibilità di partecipare ad attività ricreative e di socializzazione nei tre lunghi mesi di pausa e i centri estivi sono sempre pieni e sempre più costosi.

E per i genitori? Questa pausa significa una maggiore difficoltà nel conciliare i tempi di vita e lavoro, attività che spesso grava esclusivamente sulle madri. Allo stato attuale delle cose, infatti, il calendario penalizza soprattutto le donne. Le nostre società ed economie dipendono da sempre, e ancor più negli ultimi decenni, dal lavoro di cura, che si tratti di vere e proprie professioni o di quelle attività che afferiscono alla gestione della casa e della famiglia. Lavoro ancora oggi appannaggio delle donne.

La scorsa estate, insieme a Mammadimerda abbiamo raccolto tante testimonianze di famiglie italiane che ci hanno raccontato come vivono la chiusura delle scuole, che sono confluite nel report La scuola non va in vacanza. Un documento che raccoglie proposte concrete e che vuole essere un punto di partenza per produrre un cambiamento e creare la scuola che vorremmo: una scuola che non lasci indietro nessuno e nessuna.

Le nostre proposte:

1. Rimodulare il calendario scolastico: proponiamo di rimodulare il calendario scolastico, con la riduzione da tre mesi di vacanze estive a due (in luglio e agosto), e l’inserimento di pause distribuite in maniera più uniforme e bilanciata durante l’anno scolastico. Ciò significherebbe garantire maggiore continuità didattica e relazionale pur mantenendo i 200 giorni di lezione.

2. Introduzione del Dirigente del tempo extra-scuola: proponiamo di introdurre la figura di un/una dirigente del “tempo extra-scuola”, incaricata del potenziamento e del coordinamento dell’offerta formativa e dell’organizzazione di attività extracurricolari, in collaborazione con il Terzo Settore. La proposta di inserire una figura specifica nasce dalla necessità di attribuire maggiore rilevanza e spazio di operatività all’extra-scuola, in collaborazione con la scuola stessa. 

3. Estendere l’obbligo di istruzione dai 6-16 anni ai 3-18 anni: proponiamo di estendere l’obbligo di istruzione passando dalla fascia 6-16 anni a 3-18 anni. La proposta permette di garantire i benefici dell’educazione della prima infanzia a tutti i bambini/e, con conseguenze positive in termini di apprendimento e performance educative nel lungo periodo. 

Perché le famiglie dovrebbero mandare bambini e bambine a scuola anche in estate? Perché bambini e bambine dovrebbero andare a scuola anche a giugno e soffrire il caldo? Se ti fai queste ed altre domande leggi le nostre risposte.