Una mostra e una serie di giochi, laboratori e lezioni per far riflettere ragazze e ragazzi sui concetti di identità, pregiudizio e inclusione.

Giochi, laboratori e una mostra per educare e far riflettere ragazzi e ragazze adolescenti sui concetti di inclusione, identità, pregiudizio.

Il progetto BID (Building an Inclusive Identity to fight Inequality) realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo, vuole portare queste tematiche nelle scuole italiane insieme all’Università Statale di Milano, partendo da un istituto superiore di Milano, i prossimi 11 e 12 ottobre (Istituto G. Marconi di Gorgonzola) e 16-17 ottobre.

La formazione nelle scuole è realizzata da WeWorld in collaborazione con l’attivista Nogaye Ndiaye, nata e cresciuta in Italia da genitori di origini senegalesi, divulgatrice antirazzista e transfemminista (IG: “Leregoledeldirittoperfetto”), e Sambu Buffa, impegnata nella creazione di un marketing inclusivo e antirazzista. Le due attiviste svolgeranno con i ragazzi e ragazze dell’Istituto  due giornate di laboratori e riflessione sui temi dell’inclusione, a partire dalla mostra, in esposizione all’interno della scuola, dell’artista italo-egiziano Mosa One, nato a Roma nel 1997, la cui ricerca personale si concentra sull’identità e l’incontro tra culture.

La mostra di Mosa One

La mostra di Mosa One, ideata specificamente per il progetto BID, presenta opere “a strati”, che combinano fotografie di persone di diverse nazionalità, in viaggio o nei loro luoghi di origine, con mappe, disegni e ritagli, creando una sovrapposizione di linguaggi che rispecchia la sovrapposizione delle identità.  Alle foto si aggiunge l’installazione “You can’t choose where to be born”, opera d’arte interattiva che sfida le concezioni predefinite sulla nascita e la provenienza geografica. Elemento centrale è un bersaglio unico, composto da bandiere del mondo; i ragazzi saranno incoraggiati a partecipare al tiro al bersaglio, in un percorso giocoso ma anche provocatorio e riflessivo: un invito a riflettere sulla casualità dei nostri luoghi di nascita e su quanto sia importante riconoscerla per aiutare chi è stato poco fortunato in questo ‘‘tiro al bersaglio’’. Infine, nell’installazione “Words of impact”, i ragazzi sono invitati ad aprire diverse scatole contenenti bigliettini con le motivazioni e le preoccupazioni emerse da indagini e ricerche riguardo alle preferenze di donazione a favore di alcuni rifugiati piuttosto che altri  Un modo per stimolare le loro opinioni, confrontandole con le reali necessità dei rifugiati.

I workshop di Nogaye Ndiaye e Sambu Buffa

I workshop, curati da Nogaye Ndiaye e Sambu Buffa, partiranno dalle opere di Mosa One per riflettere su inclusione, diversità, integrazione: dalla spiegazione dell’interiorizzazione di stereotipi, a giochi sul concetto di identità; dal concetto di privilegio alla criminalizzazione dell’immigrazione; dal white saviorism (il “buon colonialismo”) e come ha influenzato la nostra visione delle popolazioni di altri Paesi, al trauma generazionale delle diaspore, che sarà affrontato attraverso giochi di immedesimazione. Le “lezioni interattive” faranno riflettere ragazze e ragazzi sul concetto di identità, la loro rappresentazione della realtà e dei fenomeni migratori e il modo in cui la narrazione dominante può influenzarli.

Lo shock della guerra in Ucraina ha dimostrato quanto l’identità sociale influenzi anche l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo, accolti più positivamente dall'opinione pubblica rispetto a casi passati, a persone provenienti da altri continenti, percepiti come lontani da un punto di vista etnico e culturale” commenta Martina Albini, responsabile del Centro Studi di WeWorld. “Nella costruzione di un’identità sociale più inclusiva, WeWorld coinvolge studenti e studentesse delle scuole superiori per discutere della loro percezione dell’identità sociale e delle disuguaglianze. L’obiettivo è formare future cittadine e cittadini protagoniste e protagonisti della costruzione di un mondo più giusto, ma soprattutto creare momenti di scambio reciproco, da cui trarre spunti per la costruzione di un’identità sociale più inclusiva".