In conseguenza dei cambiamenti climatici nel 2030 150 milioni di persone avranno bisogno di aiuti umanitari, 50 milioni in più rispetto a oggi; 258 milioni di bambini e bambine non ricevono ancora un’educazione adeguata; alla fine del 2021, nel mondo, 435 milioni di ragazze e donne si troveranno sotto la soglia di povertà. Il 2021, dunque, conferma l’andamento negativo del 2020. I progressi fatti negli ultimi anni e volti a raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030 hanno segnato una battuta d’arresto con l’arrivo del Covid-19.

Sono queste le principali evidenze dell’edizione 2021 di WeWorld Index, la classifica sul livello di inclusione di donne, bambine e bambini in 172 Paesi, che fotografa il mondo post pandemia analizzandola situazione di donne e bambini in relazione a 34 indicatori (ambientali, sociali, educativi, economici e di salute). La 7° edizione di WeWorld Index è stata presentata durante un evento online a cui hanno partecipato il Presidente di WeWorld Marco Chiesara; Elena Caneva, Coordinatrice Centro Studi di WeWorld; l’Ambasciatore Maurizio Massari, Rappresentante Permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite; Marina Sereni, Vice-Ministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale; Yasmin Sherif e Marco Grazia dal Fondo globale per l’educazione in contesti di emergenza “Education Cannot Wait”; Lia Romano, Emergency Program Coordinator; Meg Gardinier, Segretaria Generale di ChildFund Alliance.

Il rapporto insiste sulla necessità di passare dalla promozione dei diritti delle donne, delle bambine e dei bambini alla loro attuazione, prendendo in considerazione anche gli effetti che il cambiamento climatico ha sulla loro vita e sul loro benessere. Proprio il cambiamento climatico, infatti è al centro del focus tematico del WeWorld Index 2021.

I Paesi in testa (Islanda, Nuova Zelanda, Svezia, Svizzera e Finlandia) e in coda (Repubblica Centrafricana, Sud Sudan e Ciad) alla classifica non cambiano radicalmente rispetto al 2020, ma i dati principali raccontano che il 2021 apre un nuovo decennio di povertà e disuguaglianze, trend negativo iniziato nel 2020. I progressi fatti negli ultimi anni, per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030, hanno subito una decisa battuta d’arresto con l’arrivo del Covid-19. Le categorie sociali che ne hanno subito maggiormente le conseguenze sono quelle che già prima della pandemia vivevano in condizioni di marginalizzazione e discriminazione, tra cui donne e bambini, con 150 milioni di persone a rischio umanitario entro il 2030 a causa dei cambiamenti climatici, 435 milioni di ragazze e donne che si troveranno sotto la soglia di povertà e il lavoro minorile che potrebbe aumentare di 8,9 milioni di casi entro fine 2022.

Il rapporto 2021 include approfondimenti su Brasile e Mozambico, due Paesi rappresentativi degli effetti della pandemia: in Brasile, la pandemia unita all’azione di un governo che non ha preso in carico le fasce vulnerabili della popolazione ha trascinato il Paese al 92° nella classifica, contro il 54° posto del 2015. In Mozambico l’inclusione di donne, bambine e bambini ha registrato netti miglioramenti, ma la pandemia e il ciclone Idai hanno rallentato il progresso del Paese, che nel 2015 era al 145° posto, oggi al 140°: crescita che sarebbe stata più evidente senza gli effetti del ciclone.

“Brasile e Mozambico sono un ottimo esempio di come, se non si lavora contemporaneamente su tutti i fronti, i progressi possono perdersi velocemente”. dichiara Marco Chiesara, Presidente WeWorld – “Se non lavoriamo in modo olistico, un solo evento critico - come il passaggio di un ciclone - è sufficiente perché gli sforzi fatti vengano vanificati e si torni indietro su tutti i diritti, dall’istruzione alla sanità. Se non agiamo globalmente con politiche e interventi che facciano crescere anche i Paesi più fragili, il processo per l’acquisizione, godimento dei diritti e accesso ai servizi non potrà essere che parziale e temporaneo, escludendo i Paesi più poveri. Ma affinché il cambiamento sia reale gli interventi devono mettere al centro un approccio di genere e generazionale in modo che la crescita non sia ad appannaggio solo di chi gode già di maggiori risorse. Emblematico in questo caso il Brasile (e i Paesi BRICS), che ha vissuto una fortissima crescita economica non accompagnata da interventi sociali attenti alle frange più a rischio di esclusione della popolazione”.

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Highlights
  • Rispetto al 2020 non si registrano grandi cambiamenti nelle posizioni di vertice: i Paesi più inclusivi, per donne, bambine e bambini, rimangono sostanzialmente gli stessi, con qualche lieve cambiamento nella posizione di alcuni. Peggiorano in particolare la Norvegia (dal primo posto nel 2020 al sesto nel 2021) e anche la Finlandia (dal secondo al quinto); migliorano invece Svizzera (dal settimo al quarto) e la Nuova Zelanda (dal quinto al secondo).
  • Le prime 3 posizioni della classifica sono occupate da Islanda, Nuova Zelanda e Svezia. Svizzera e Finlandia sono subito dietro di loro. Si conferma così la supremazia dei Paesi del Nord Europa, più la Nuova Zelanda. Nelle ultime posizioni troviamo gli stessi Paesi del 2020: Repubblica Centrafricana (170° posizione), Sud Sudan (171°) e Ciad (172°). In questi Paesi la condizione delle donne e dei bambini è ancora critica in tutte le dimensioni prese in considerazione nell'Indice.
  • Nel 2020, nei diritti e nell'inclusione delle donne, delle bambine e dei bambini c'è stato un peggioramento a livello mondiale a causa della pandemia; Il 2021 conferma questo trend negativo.
  • Nel 2020 più di 50 milioni di persone sono state doppiamente colpite: da disastri legati ai cambiamenti climatici e dalla pandemia di Covid-19.
  • Nel 2020 c'erano 26,4 milioni di rifugiati e rifugiate in tutto il mondo. Il 39% di loro è ospitato in soli 5 Paesi: Turchia, Colombia, Pakistan, Uganda e Germania. Si registrano 40,5 milioni di nuovi sfollati interni, il numero più alto di sempre negli ultimi dieci anni.
  • Prima dello scoppio della pandemia, i progressi verso un'istruzione inclusiva ed equa per tutti procedevano troppo lentamente, con la prospettiva di avere 200 milioni di bambine e bambini ancora senza scuola nel 2030. Oggi circa 258 milioni di bambine e bambini non vanno a scuola: 59 milioni dalla primaria, 62 milioni dalla secondaria inferiore e 138 milioni dalla secondaria superiore. Più della metà di loro vive in Africa Subsahariana.
  • La crisi occupazionale e la chiusura delle scuole hanno costretto le famiglie a basso reddito a ricorrere al lavoro minorile o ai matrimoni forzati come meccanismo di risposta. A causa del Covid-19, il lavoro minorile potrebbe aumentare di 8,9 milioni di casi entro la fine del 2022, e più della metà di questi riguarderebbe bambini tra i 5 e gli 11 anni.

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Focus: l'impatto del cambiamento climatico sui diritti delle donne e dei bambini

I cambiamenti climatici non colpiscono tutti allo stesso modo: le comunità più emarginate, per ragioni sociali, culturali e/o economiche, sono le più a rischio. Tra le conseguenze più evidenti sulla vita delle persone ci sono: povertà, scarsità di acqua e cibo, migrazioni, conflitti e violenza. Le aree già colpite da povertà cronica, come le zone costiere dell'Asia meridionale, le regioni desertiche dell'Africa Subsahariana, ma anche i piccoli Stati insulari in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili agli impatti sfavorevoli del cambiamento climatico. L’impatto del cambiamento climatico è distribuito in modo sproporzionato su quelle popolazioni che contribuiscono meno al problema. Basti pensare che i primi sei emettitori di gas serra sono, nell'ordine: Cina, Stati Uniti, Unione Europea (compreso il Regno Unito), India, Russia e Giappone. Ciò evidenzia come il cambiamento climatico aggravi le disuguaglianze sociali: innescato principalmente dai Paesi ad alto reddito avrà effetti catastrofici soprattutto sui Paesi a basso reddito. A soffrirne saranno in particolare le fasce più vulnerabili della popolazione, come donne, bambine, bambini e adolescenti.

Gli effetti su bambine e bambini: i bambini e le bambine sono la categoria più a rischio, quasi 2 miliardi di loro vivono in aree dove ogni anno i livelli di inquinamento dell'aria superano gli standard fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità; 1 su 4 muore prima dei 5 anni a causa di ambienti malsani.

Gli effetti sulle donne: gli effetti negativi del cambiamento climatico amplificano le disuguaglianze di genere preesistenti ed esacerbano la marginalizzazione e la discriminazione di donne e ragazze nelle comunità colpite. Quando un cambiamento significativo delle condizioni climatiche danneggia le risorse naturali necessarie per guadagnarsi da vivere, le donne non possono mantenersi e sostenere le loro famiglie. Di conseguenza, sono spesso costrette a ricorrere a pratiche non sostenibili dal punto di vista ambientale, che le espongono a gravi rischi per la salute. Inoltre, le donne hanno meno possibilità di spostarsi e fuggire dagli effetti dei disastri naturali. Condizioni di forte stress, disagio economico e violenza mettono in grave pericolo le ragazze sfollate, esponendole al rischio di matrimoni forzati, di sfruttamento lavorativo e/o sessuale e di abbandono scolastico.

Focus sull’Italia

In Italia il prezzo della pandemia è stato pagato di più da donne, bambine e bambini. L’Italia si è rivelato il Paese con il maggior numero di giorni con scuole chiuse in Europa; inoltre, si è assistito ad un peggioramento della condizione economica femminile.

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