La Direttiva Europea sulla Due Diligence per le imprese su diritti umani e ambiente continua il suo viaggio nelle istituzioni europee. È in corso un dialogo interistituzionale tra Parlamento, Consiglio dell’Unione Europea e Commissione, per accordarsi sul testo di legge da adottare che si spera sarà ratificato nella primavera 2024, entro la fine della legislatura.

La nuova Direttiva andrà a tutelare i lavoratori, i consumatori e più genericamente le comunità contro gli impatti negativi che possono derivare da comportamenti aziendali scorretti e che ledono i diritti umani e l’ambiente lungo l’intera filiera del valore globale: dalla produzione alla commercializzazione del prodotto finale.  Anche le tante imprese italiane che lavorano nel rispetto nelle norme nazionali ed europee e che spesso si trovano a dover concorrere con una produzione delocalizzata in paesi dove vige un impianto di regole meno stringente troveranno uno strumento utile.

Molto spesso i processi produttivi che la globalizzazione ha delocalizzato in paesi più vulnerabili sono svolti in condizioni salariali insufficienti, senza significative prescrizioni di sicurezza e senza norme stringenti sugli inquinanti e laddove le norme esistono si possono riscontrare livelli di corruzione tali che ne permettono una facile elusione” spiega Margherita Romanelli, coordinatrice dei programmi europei, delle policies internazionali e dell’advocacy di WeWorld.

Guarda l'intervista integrale parte del fourm Ansa Incontra

A standard di produzione più bassi si associano, come ovvio, costi minori e una politica dei prezzi più aggressiva che – in un mercato globale – esercita una concorrenza sleale in particolare verso il Made in Italy. Le piccole imprese che non delocalizzano costituiscono infatti oltre il 90% del tessuto produttivo italiano e le PMI che rappresentano circa il 40% del fatturato del nostro paese operano e vendono principalmente nel nostro territorio nazionale rispettando, nella grande maggioranza dei casi, i diritti del lavoro e la normativa sulla protezione ambientale.

Vincolare al rispetto dei diritti l’ingresso nel mercato europeo di prodotti provenienti da filiere globali significa tutelare le persone e tutelare il pianeta, ma anche proteggere chi lavora in modo responsabile nei confronti delle comunità, della natura e incentivare pratiche virtuose di sviluppo”, conclude Romanelli.

Il primo giugno 2023 i membri del Parlamento europeo hanno votato a favore di una nuova legislazione che richiederebbe alle aziende europee e non europee di valutare i rischi e prevenire i danni rispetto ai diritti umani, al clima, alla biodiversità e all'ambiente in termini di inquinamento nelle loro catene globali del valore.

La posizione del Parlamento europeo sulla due diligence contiene diversi miglioramenti rispetto alla proposta della Commissione europea e del Consiglio. In particolare, è più allineata agli standard internazionali in materia di business e diritti umanicome ad esempio i principi ONU e le linee guida OCSE sulla condotta responsabile delle multinazionali appena aggiornate (giugno 2023) , ad esempio nel chiarire come le imprese debbano affrontare i danni che recano ad ambiente e persone. Inoltre, riduce in parte gli ostacoli all'accesso alla giustizia per le vittime, dilatando la prescrizione dei casi di abuso aziendale e offrendo assistenza finanziaria e legale alle vittime. 

Cos’è la Due Diligence?

La Direttiva costituisce un tassello fondamentale rispetto ai Principi guida dell’ONU su Business e diritti umani che ribadisce il dovere degli stati di proteggere tali diritti, quello delle imprese di rispettarli e porre rimedio in caso di impatti negativi e quello ancora dei governi, nel caso di violazione, di assicurare l’accesso alla giustizia per le vittime e un giusto risarcimento.

In linea con le linee guida dell’OCSE i nodi principali che la Direttiva deve affrontare per essere efficace sono quelli di creare un processo che consenta di valutare il rischio d’impatto effettivo e potenziale delle sue azioni sui diritti umani e ambientali, adeguato perché si traduca in un piano concreto di azioni per la prevenzione e la mitigazione e un meccanismo di monitoraggio delle risposte a tale piano. Elementi sostanziali in questo senso sono:

  • L’applicabilità a tutti gli attori coinvolti a monte e a valle del processo produttivo: dai fornitori alle filiali locali, controllate, partecipate e società madre, al sistema finanziario ed investitori, ai clienti, al sistema di commercializzazione
  • il coinvolgimento dei portatori di interesse (lavoratori e rappresentanze sindacali, istituzioni, comunità, consumatori, società civile e difensori dei diritti umani e della terra e tutti i gruppi che possono essere identificati come potenziali vittime) nelle fasi di identificazione del rischio, nella valutazione dell’impatto negativo se dovesse verificarsi, nel sostegno alle vittime e al loro accesso alla giustizia per loro.
  • La trasparenza su come gli impatti sono valutati e affrontati
  • L’istituzione di autorità nazionali competenti per svolgere indagini e accertamenti; sanzioni in caso di non conformità e violazioni
  • Regime di responsabilità che consenta di ritenere le aziende, inclusa la casa madre, responsabili in caso di violazioni dei diritti umani e danni ambientali così come di porre rimedio ai danni causati.

Perché una Direttiva?

La direttiva Corporate Sustainability Due Diligence dell’UE si inserisce in un quadro normativo che l’Europa sta disegnando per raggiungere gli obiettivi di sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 in particolare l’obiettivo 12 - Sistemi di Produzione e consumo sostenibili, l’obiettivo 8 - Crescita e Lavoro dignitoso e tutti gli obiettivi legati all’equità, ai diritti umani e alla protezione ambientale a partire dall’obiettivo 13 – Azioni per il clima. Nel pacchetto di strumenti ricordiamo ad esempio il regolamento sui Minerali dei Conflitti, il recentissimo Regolamento europeo sui Prodotti a Deforestazione Zero, il regolamento in discussione contro il Lavoro forzato, ma anche la condizionalità sociale inserita nella PAC, o le nuove regole contro il Fast Fashion solo per citarne alcune.

La Direttiva sulla Due Diligence obbligatoria d’impresa a livello europeo da un lato risponde all’evidenza che una responsabilità sociale d’impresa volontaristica, come quella avviata a partire dagli anni 2000 non è sufficiente a fronteggiare le enormi sfide globali sia legate alle disuguaglianze sia alla triplice crisi ambientale. Infatti l’impatto avuto da percorsi volontari di CSR sono stati insufficienti a segnare un cambio di modello, che oggi è urgente.

Inoltre norma a livello europeo un percorso che già diversi Paesi hanno intrapreso con leggi specifiche come ad esempio Francia (Loi Devoir de vigilance, 2017), Germania (Supply Chain Law, 2021), ma anche Olanda, Norvegia ed altri paesi.

Che caratteristiche deve avere la Direttiva?

Il testo uscito dal Parlamento europeo, seppur con importanti passi avanti, è il frutto di un compromesso al ribasso su alcuni aspetti fondamentali che devono essere contenuti in una Direttiva efficace, in grado di andare a proteggere l’ambiente e le vittime, innanzitutto prevenendo comportamenti dannosi e poi prevedendo un giusto rimedio in caso di danni.

È importante che nel dialogo tripartito Commissione e Consiglio il Parlamento consolidi i progressi ottenuti e colmi alcune importanti lacune.

È importante che:

  • Sia ribadito un concetto di applicazione della Due Diligence a tutti i settori e che si allarghi a tutte le imprese lungo l’intera catena del valore.

In particolare:

  • il settore finanziario, nonostante il suo ruolo fondamentale nell’influenzare il modo in cui le imprese svolgono le loro attività, riceve un trattamento preferenziale nel testo. Infatti, al momento, il settore finanziario accumula profitti grazie a operazioni svolte lungo l’intera catena globale del valore ed è privo di qualsiasi responsabilità nei confronti degli abusi avvenuti nel corso delle suddette operazioni, nonostante le indicazioni OCSE sul come svolgere due diligence per il settore finanziario sono significative e ben sviluppate. ll ruolo fondamentale che il settore finanziario svolge nelle attività economiche globali deve essere riconosciuto e la sua natura ad alto rischio deve essere regolamentata come tale*. In modo significativo infatti le scelte degli investitori e finanziatori decidono le condotte aziendali ed inserire il settore finanziario nella Direttiva è un’importante leva per assicurare l’impatto desiderato.

nella catena del valore si includa anche l’utilizzo finale da parte dei consumatori, in modo da includere impatti negativi, come quello sulla salute dovuto all'uso di prodotti dannosi come il mercurio, certipesticidi

  • Sia prevista una responsabilità automatica della casa madre rispetto al comportamento scorretto delle sue controllate, collegate in modo da evitare meccanismi di elusione delle responsabilità in paesi meno controllati.
  • Consolidi la responsabilità civile delle imprese difronte i danni e rafforzi l’accesso alla giustizia per le vittime introducendo l’inversione dell’onere della prova a favore delle vittime. Infatti, fino a che le vittime – come ad esempio quelle nei paesi ad economia più povere - si dovranno far carico delle proprie spese processuali lo squilibrio strutturale tra risorse di individui e aziende continuerà a rendere impari l’accesso alla giustizia.
  • Inoltre, mentre la crisi climatica si intensifica, le attuali proposte non riescono a produrre una legge che affronti l'urgenza della situazione. Anche se include requisiti più severi per i piani di transizione climatica delle imprese, che la campagna europea Justice Is Everybody's Business a cui WeWorld aderisce accoglie come un passo avanti per ridurre l'impronta climatica delle imprese in tutto il mondo, crea anche delle scappatoie. Gli anni passati hanno dimostrato più volte che gli impegni volontari non sono sufficienti a risolvere il problema delle emissioni aziendali. Sono indispensabili obiettivi concreti di riduzione delle emissioni dirette ed indirette per il 2030 e il 2050. In questa direzione non basta, seppur necessario, solo rimandare alle convenzioni internazionali in materia ambientale a cui le imprese devono attenersi, ma è necessario che la Direttiva faccia riferimento a vere e proprie categorie di impatto ambientale, tra cui quella del cambiamento climatico, rispetto alle quali le aziende devono fare una valutazione delle loro azioni e assumere concrete misure di prevenzione secondo un piano di transizione specifico che tenga conto di tempistiche, investimenti, responsabilità degli amministratori, target da raggiungere, fonti energetiche fossili.

Prossimi step.

A seguito del dialogo attualmente in corso il Consiglio, e quindi anche i rappresentanti Italiani, è chiamato a votare il testo della direttiva. Ci auguriamo che proponga emendamenti che aumentino l’ambizione del testo licenziato dal Parlamento e che si trovi un accordo tra le due istituzioni europee per arrivare ad una direttiva entro i primi mesi del 2024.

Poi la Direttiva dovrà essere recepita in Italia.

E’ necessario riuscire a sensibilizzare sia l’opinione pubblica sull’importanza storica di questa normativa che aiuterà verso una transizione concreta e giusta, che sostenga i giovani proteggendo i loro diritti anche ad un ambiente vivibile come previsto in Costituzione.

Bisogna anche svolgere un dialogo aperto, approfondito con tutti i soggetti interessati – istituzioni che devono assicurare i diritti, società civile e le imprese evidenziando i passaggi che possano aiutare il sistema Italia composto da lavoratori, consumatori, imprese, centri di ricerche e servizi sostenendo - magari con incentivi anche europei – le aziende ad implementare i percorsi di due diligence per essere più responsabili e competitive, creando una forte alleanza con i consumatori, i lavoratori e le comunità per lo sviluppo sostenibile.

**WeWorld segue il processo legislativo sulla Due Diligence all'interno dei progetti di sensibilizzazione che porta avanti: nell'ambito del Programma DEAR dell'Unione Europea, il #ClimateOfChange, che ha l'obiettivo di stimolare giovani europei a comprendere le complesse relazioni tra cambiamenti climatici e fenomeni migratori, per favorire la creazione di un movimento di persone informate, pronte a cambiare stile di vita e a richiedere nuove politiche di sviluppo; #OurFoodOurFuture, che mira a promuovere un consumo responsabile e filiere agroalimentari giuste, rispettose dell'ambiente e dei diritti umani; #PeopleAndPlanet, una campagna che coinvolge giovani e autorità locali nella lotta contro il cambiamento climatico. E anche con il supporto della regione Lombardia con il progetto Together We Change the World, per promuovere il protagonismo giovanile per la tutela dell’ambiente e nella costruzione di uno sviluppo sostenibile.**


* https://mneguidelines.oecd.org/rbc-financial-sector.htm