In occasione della Giornata mondiale del Volontariato abbiamo deciso di dedicare un ricordo al Alberto Fedele, ingegnere scomparso in Perù. Per farlo abbiamo chiesto a Giacomo Perna, suo compagno di avventura nel percorso di volontario, di scrivere un pensiero.
"A volte le piccole cose che sono intrinseche alla vita stessa diventano pietre miliari per lo sviluppo dell'individuo. Tutto dipende dalla percezione personale della vita e degli eventi quotidiani. Altre volte, invece, accadono cose che ci colpiscono così inaspettatamente e con tale forza da tracciare un solco profondo e indiscutibile tra il prima e il dopo di una collettività. Credo che sia quello che è successo a tutti noi di WeWorld dopo la scomparsa di Alberto Fedele.
Alberto è un volontario italiano in servizio in Perù nell'ambito del progetto EU Aid Volunteer. Nonostante gli eventi che hanno segnato la sua dipartita materiale da questo mondo, mi sembra imperativo usare il presente, perché un tempo passato non renderebbe giustizia allo spessore etico della sua anima, il cui ricordo è ancora vivo nella mente di chi lo ha conosciuto.
Il mondo del volontariato è costituito da diversi archetipi umani. Ci sono volontari che partono per scoprire se stessi mentre scoprono il mondo. Altri partono per arricchire il proprio curriculum, in modo da poter realizzare le proprie ambizioni di carriera una volta tornati a casa. Indubbiamente, ce ne sono alcuni che partono alla ricerca di un rimedio allo sconforto interiore causato dell'assenza di un posto di lavoro e della poca volontà di trovarlo. Poi, ce ne sono altri che diventano volontari per via della profonda convinzione che il bene ultimo derivi dai piccoli sforzi di ciascuno. Alberto è uno di questi ultimi.
Alcuni affermano che, al momento della morte, i defunti espiino automaticamente tutti i loro peccati, glorificandosi nella memoria comune secondo l’illusione di una bontà che va cercata solo nel cuore degli afflitti. Tuttavia, questa non è una verità assoluta. Non c'è dubbio che Alberto, come tutti gli esseri umani, sia stato plasmato dalle stesse assurdità e dagli stessi difetti che ci caratterizzano come specie. Tuttavia, la sua attenta analisi del mondo e delle sue illogicità, basata sulla profonda sensibilità che esalta il suo spirito, gli ha permesso di raggiungere una gentilezza e un altruismo in grado di scardinare qualsiasi solipsismo, fino a concedergli il dono di poter entrare in empatia con gli altri abitanti di questo mondo, abbattendo le spesse pareti di cristallo erette dalle differenze culturali, ostacoli insormontabili per gli altri. È grazie a questo artificio che, ancora in vita, Alberto ha potuto liberarsi dall'ipocrisia e dall'egoismo intrinseco negli esseri umani per intraprendere il cammino, molto prima della sua morte, verso il piccolo paradiso dei giusti. "Sono venuto in Perù per ripagare il mondo dei privilegi che mi sono stati concessi", è la frase che ripeteva sempre. Avendolo conosciuto, non ho dubbi che a portarlo in America latina sia stato un bisogno profondo e disinteressato di far parte del cambiamento che migliorerà il mondo.
Al di là del bene e del male, lontano da qualsiasi manicheismo che possa applicarsi all'esistenza concepita secondo i dogmi contemporanei, la realtà è che la vita è un vortice caotico di imprevedibilità in agguato. A volte, alcune di esse si trasformano in tragedie. L'incidente che ha portato alla morte di Alberto il 4 luglio è stato senza dubbio una tragedia. L'impatto è stato diverso per tutti, a seconda dei differenti processi personali che ci hanno portato a elaborare il lutto. Non ho mai pianto per Alberto perché non so come farlo. Tuttavia, il veleno dello sconforto è riuscito a colpirmi in un modo sconosciuto. Per quanto ne so, per i miei colleghi in ufficio, quelli che hanno vissuto la tragedia più da vicino, è stato lo stesso. Non posso parlare per gli altri, perché decifrare i sentimenti, e soprattutto i dolori degli altri, sarebbe un inutile e perverso esercizio di arroganza. Tuttavia, credo di poter comprendere le sfumature del dolore che ha colpito tutti noi: nonostante la sua breve permanenza, Alberto ha saputo segnare le nostre vite con la sua presenza. Confido che tutti i miei colleghi siano d'accordo con me quando dico che la memoria dei nostri cuori custodirà per sempre il suo ricordo, fissato nelle qualità che ci stavano insegnando ad amarlo: la sua sfrenata curiosità, il suo impegno e l'invincibile caparbietà che rivelava la sua profonda convinzione negli ideali che lo muovevano.
Nessuna lingua del mondo può tradurre in parole i sentimenti strazianti che hanno afflitto l'intero staff di WeWorld. Durante il mio servizio qui, mi sono reso conto che WeWorld non è solo una ONG, ma anche una famiglia sfaccettata e multietnica, vicina nelle gioie ma ancora più saldamente legata nei dolori, e come tale, per questa giornata del volontariato, noi della sede di Abancay, Corrado, Samantha, Valentina e io, oltre a tutto lo staff dislocato nel mondo, vogliamo ricordare Alberto Fedele, ingegnere volontario in Perù, affinché la sua bontà possa contagiare i nostri spiriti e continuare ad alimentare il motore che lo ha spinto: il desiderio di migliorare questo mondo.