IL SISTEMA DEVADASI: UNA FORMA DI VIOLENZA E SFRUTTAMENTO DI BAMBINE E DONNE

 

In alcune zone dell’India meridionale e occidentale è diffusa una forma di violenza nei confronti delle bambine e delle donne che pochi conoscono: il “Sistema Devadasi”. Il termine Devadasi deriva dal sancrito e significa “serva di Dio”. Le Devadasi sono bambine/ragazze che vengono dedicate a delle dee attraverso il matrimonio con una divinità: diventando spose delle divinità, hanno doveri come danzare e fornire servizi sessuali ai padroni del tempio, ai sacerdoti e alla comunità maschile.

Se le origini del sistema Devadasi derivano da un culto Indù molto antico legato soprattutto ai riti propiziatori della fertilità e della prosperità, di fatto la pratica è stata ed è usata per alimentare lo sfruttamento sessuale delle bambine e delle donne.
Le donne sottoposte a questa forma di violenza e di lavoro forzato provengono dalle caste inferiori e più emarginate dell’India. Molte delle ragazze diventano Devadasi prima dei 15 anni: appartengono a famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà, e la maggioranza di loro è costretta a diventare una devadasi dai familiari stretti (padre, madre o nonna), oppure dai sacerdoti del tempio o dai leader locali (verso i quali c’è rispetto e fiducia indiscussa). Le ragazze dedicate perdono la libertà di sposarsi e sperimentano uno stigma sociale che durerà tutta la vita. Molte di loro sono costrette a diventare prostitute: il solo mezzo di sostentamento possibile, dato il loro analfabetismo, le capacità/conoscenze limitate e lo stigma sociale. Queste ragazze e donne mostrano segni di traumi e disordini psicologici e sono esposte a malattie sessualmente trasmissibili. L’esclusione sociale, la povertà e la vulnerabilità psicologica espongono le figlie delle vittime di Devadasi a diventare a loro volta devadasi o essere oggetto di sfruttamento sessuale.

Nel Karnataka, dove WeWorld Onlus lavora da molti anni, le ultime indagini ufficiali (2007-2008) hanno identificato 23.783 ragazze sottoposte a Devadasi. Ma altre ricerche parlano di numeri ben più alti: circa 80.000 ragazze solo nel Nord del Karnataka. Di fatto è molto difficile avere delle stime precise, in parte perché la pratica è proibita da molti anni e prevede la persecuzione di chi la pratica (con il Karnataka Prohibition of Dedication Act introdotto nel 1982 nel Karnataka).

Nonostante questo, il sistema delle Devadasi è socialmente accettato: essendo le Devadasi ragazze appartenenti a determinati gruppi sociali, sono considerate inferiori e il loro sfruttamento sessuale non è biasimato. È un sistema di oppressione e di violazione dei diritti umani strutturato e radicato nelle caste.
Con l’intento di ridurre l’abuso sessuale sui minori e in particolare combattere la pratica delle Devadasi, WeWorld Onlus ha avviato un progetto a novembre 2017 in 4 slum situati negli stati indiani del Karnataka e Goa. L’intento è quello di rafforzare le capacità delle ragazze vulnerabili e a rischio, ma anche delle organizzazioni della comunità e della società civile e le autorità locali, affinché si impegnino a proteggere e riabilitare le vittime di Devadasi, fare attività di prevenzione e perseguire chi non rispetta la legge.

Il progetto prevede due attività di ricerca preliminari alla realizzazione delle suddette attività: 1) un’analisi della situazione sociale, economica e culturale che rende accettabile la pratica delle Devadasi nelle aree di intervento 2)  una valutazione del livello di conoscenza della legislazione in vigore, nonché l’accesso ai sistemi giudiziari, da parte della comunità. Con la collaborazione di due prestigiosi istituti di ricerca, il Tata Institute of Social Sciences e Bangalore Institute of Law, sono state svolte 50 interviste con ragazze a rischio Devadasi, famiglie, giovani uomini e stakeholders. Dalle interviste WeWorld Onlus ha potuto raccogliere una ricchezza e varietà di informazioni utili per pianificare, con l’aiuto dei due partner locali Anyay Rahit Zindagi (ARZ) e Society for Integrated Community Development (SNEHA), specifiche azioni di contrasto del fenomeno.
Dalle interviste emerge che uno dei problemi maggiori è la resistenza da parte delle famiglie e delle comunità a denunciare il fenomeno. Questo spesso è dovuto al fatto che le famiglie stesse costringono le figlie a diventare Devadasi per motivi economici (le famiglie vengono pagate quando dedicano una figlia alla pratica).

La storia di Himani è eloquente:
“A Ballari, dove vivo, il sistema Devadasi è molto diffuso e le ragazze e le donne che sono costrette a questa pratica finiscono nel giro dello sfruttamento sessuale. Mia madre è diventata una Devadasi a 14 anni e poi a fare la prostituta a 15. Ora ha 45 anni e gestisce un giro di prostituzione a Ballari. Io sono cresciuta in questo ambiente e quando ho finito la scuola superiore, mia madre ha iniziato a cercare di farmi prostituire per i suoi clienti in nome del sistema Devadasi. Per fortuna ho incontrato gli operatori di SNEHA e WeWorld Onlus, che organizzano incontri sui diritti dei minori, l’abuso sessuale e la protezione dei minori. Così ho preso coscienza che la Devadasi è una forma di sfruttamento, una lesione dei diritti umani. Ho deciso che non volevo farne parte e sono riuscita a iscrivermi a un corso di studio in arte. Ora spero di diventare un’insegnante e aiutare altre ragazze a non entrare in questo sistema”.