LA VIOLENZA SOCIALE E FAMIGLIARE TRA LE 5 BARRIERE A UN’EDUCAZIONE INCLUSIVA E DI QUALITÀ, SECONDO IL WEWORLD INDEX 2018.

 

Il WeWorld Index, introdotto nel 2015 e giunto ormai alla sua quarta edizione, è uno strumento utile per misurare l’inclusione di bambine, bambini, adolescenti e donne nel mondo. Con il termine “inclusione”, entrato nell’Agenda di Sviluppo Sostenibile 2030 (dove compare nei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ben 6 volte), nel WeWorld Index si intende un concetto multidimensionale, che non riguarda solo la sfera economica, ma tutte le dimensioni del sociale (sanitaria, educativa, lavorativa, culturale, politica, informativa, di sicurezza, ambientale).

Il WeWorld Index è dunque uno strumento innovativo perché, rispetto ad altri rapporti, considera il progresso di un paese analizzando le condizioni di vita dei soggetti più a rischio di esclusione, come bambine/i adolescenti e donne; tiene conto della natura multidimensionale dell’inclusione; evidenzia il forte nesso tra diritti di bambine/i e parità di genere.
Il WeWorld Index 2018 dedica per la prima volta un approfondimento a una dimensione fondamentale per l’inclusione di donne e popolazione under 18: l’educazione. L’accesso all’educazione è infatti una precondizione per poter accedere ad altre dimensioni della vita: il lavoro, la partecipazione politica, la sicurezza sociale, una vita attiva e in salute, la dimensione culturale….

In particolare, il Focus 2018 è dedicato a 5 barriere all’accesso alla educazione inclusiva e di qualità: la scarsa nutrizione, che blocca o limita la partecipazione scolastica; la migrazione, che interrompe i percorsi d’istruzione; le discriminazioni di genere, radicate in norme e consuetudini culturali; la violenza, che permea le relazioni sociali e famigliari; la povertà educativa, che in alcuni contesti svantaggiati si trasmette in modo ereditario dagli adulti ai bambini.

La violenza è il principale ostacolo a un’educazione di qualità in Brasile, uno dei paesi dove WeWorld Onlus lavora da anni.
I giovani brasiliani interiorizzano una cultura della violenza presente nei contesti urbani in cui vivono ma spesso anche diffusa nelle loro famiglie: il Brasile è il 10° paese con il tasso più elevato di omicidi (su 171 paesi, secondo il WeWorld Index 2018), il 54% delle vittime di violenza sono giovani uomini di 15-29 anni, il 31% delle donne brasiliane dichiara di aver subito violenza fisica e/o sessuale dal proprio partner almeno una volta nella vita.
I bambini e le bambine crescono quindi in un contesto sociale e famigliare dove le relazioni si basano su rapporti di forza e di potere. E anche se questa ineguale distribuzione di potere tra uomini e donne non sfocia sempre nella violenza fisica, la cultura machista è spesso presente.

La cultura della violenza che i bambini e i giovani apprendono nel contesto urbano in cui vivono e/o nelle proprie famiglie si riflette nella loro vita scolastica sotto forma di comportamenti aggressivi, incapacità di relazioni diverse da quella conflittuale con i pari e gli insegnanti, inadeguatezza rispetto al contesto scolastico, alle sue regole e valori. Incide sul loro rendimento e la frequenza a scuola, influenza direttamente e in maniera drammatica l´apprendimento delle bambine e dei bambini.

Una metodologia che WeWorld Onlus ha sperimentato in Brasile in diverse scuole del Ceará (regione Nord-Est) per contrastare la violenza e quindi favorire un’educazione inclusiva e di qualità è la tecnica della mediazione dei conflitti e delle pratiche riparative.
Con questa tecnica insegniamo agli studenti e alle studentesse modalità di relazione diverse dal conflitto, attraverso l’apprendimento cooperativo, l’educazione multiculturale, la riduzione dei pregiudizi e la prevenzione della violenza. Nel concreto il progetto di WeWorld Onlus prevede l’organizzazione nelle scuole di laboratori di storytelling, teatro, giochi, incontri di gruppo in cui far emergere il tema della violenza, in un contesto aperto al dialogo e al confronto, in cui decostruire stereotipi e accompagnare i bambini a riflettere su casi concreti di violenza.

La tecnica sta riscuotendo ottimi risultati, come racconta Aurilene Vidal, Coordinatrice di Pastoral Do Menor, Partner di WeWorld in Brasile:
C´è un caso emblematico che ci siamo trovati ad affrontare in una scuola nel Municipio di Santa Quiteria, Stato del Ceará, dove la violenza è fortissima. Una ragazza di 11 o 12 anni aveva visto all’età di 4 anni il padre assassinato per motivi legati alla droga. Lei era a quel tempo completamente abbandonata: la madre era tossicodipendente, alcolizzata e la bambina tendeva a riprodurre tutta questa violenza che aveva visto e con cui conviveva quotidianamente. La scuola non sapeva come gestire la situazione. Abbiamo allora costituito una rete con i servizi sociali e la scuola per risolvere un caso così complesso che la sola scuola non avrebbe potuto o saputo gestire. Oggi quella bambina, grazie agli sforzi di tutti, all’uso della metodologia della pratica riparativa e della mediazione del conflitto, non si è persa e anzi è quasi un’alunna esemplare. Con un futuro.
Ripensando a questi anni di lavoro, ritengo che siano stati enormemente gratificanti: insegnanti che riescono a riempire di significato il rapporto con i propri alunni, ragazzi che sono riusciti a reintegrarsi, quartieri che cominciano a reagire alla violenza e al conflitto attraverso il dialogo e la mediazione, per il futuro dei nostri bambini”.