Il 29 gennaio, nel pomeriggio, la Commissione Europea ha finalmente reso pubblico il report  “Unfair Business-To-Business Trading Practices (UTPs) in the Food Supply Chain” atteso dal consorzio internazionale di organizzazioni Make Fruit Fair, di cui GVC fa parte. Purtroppo però il risultato non è stato quello atteso: come segnalato dal Fair Trade Advocacy Office di Bruxelles e Traidcraft, organizzazione inglese per il commercio equo, la Commissione Europea ha perso un'occasione buona per arginare le pratiche commerciali abusive che hanno impatti disastrosi su agricoltori, lavoratori e sul commercio in generale. Al contrario, la Commissione Europea ha scelto di “passare palla” (e responsabilità) all’iniziativa privata volontaria e ai singoli stati membri.

Sergi Corbalán, Direttore Esecutivo di Fairtrade Advocacy ha dichiarato “In Europa stiamo assistendo ad una sempre maggior concentrazione nelle mani di pochi venditori di prodotti alimentari. I distributori che operano in diversi stati membri dell’UE hanno centralizzato la gestione dei fornitori, il che limita la possibilità delle autorità nazionali di contrastare UTPs (pratiche commerciali illecite, N.d.R.) nel loro ambito giurisdizionale. Chiediamo alla Commissione di mettere in piedi delle strutture che permettano agli stati membri di collaborare nello scambio di informazioni e indagini. Tutti i produttori che forniscono il mercato europeo dovrebbero poter essere in grado di reclamare in forma anonima, a prescindere da in quale stato facciano base, fuori o dentro l’Unione Europea”.

Fiona Gooch, consulente politico di Traidcraft, ha aggiunto: “Proprio all’inizio di questa settimana il Groceries Code Adjudicator (organismo indipendente del governo inglese, N.d.R.) ha dichiarato Tesco colpevole di consistenti ritardi nel pagamento ai fornitori nonché di sottopagarli per gonfiare i propri profitti. Tesco opera in tutta Europa e la sua recente adesione all’iniziativa Voluntary Supply Chain (Iniziativa Volontaria per la Filiera di produzione e distribuzione, N.d.R.) non impedisce che continui a mettere in pratica pratiche oltraggiose. Le informazioni provenienti dal mercato suggeriscono che probabilmente altri distributori ricorrono a queste pratiche per rimanere competitivi. Il mancato intervento della Commissione Europea espone i fornitori a pratiche commerciali ingiuste (UTPs) che includono pagamenti dilazionati, cambiamenti unilaterali di accordi contrattuali e il trasferimento del rischio commerciale (e conseguenti perdite) sui produttori. Le recenti ricerche dimostrano che quando i supermercati scaricano il proprio rischio  sui loro fornitori sotto forma di ritardi nei pagamenti o costi aggiuntivi, questi rischi vengono assunti in toto dalla filiera produttiva. Il che comporta in ultimo stadio lo sfruttamento di lavoratori e produttori nei paesi in via di sviluppo. Per i consumatori, l’effetto dell’”andare a risparmio” si traduce in una minore varietà di prodotti e in un rischio maggiore di fatti come lo scandalo della carne di cavallo”.  

Più di 67.000 cittadini europei hanno firmato la petizione Make Fruit Fair! chiedendo al commissario Biénkowska di avanzare una proposta legislativa per stoppare le pratiche commerciali sleali e ingiuste (UTPs).

Per informazioni e aggiornamenti visita il sito www.makefruitfair.org o segui la campagna su Facebook e Twitter  @MakeFruitFair