Lavoro forzato, violenza, intimidazioni, niente paga: Thom Touch è un sopravvissuto alla schiavitù sui pescherecci in Thailandia. Negli ultimi anni, la comunità internazionale ha più volte criticato il paese per non aver profuso sforzi sufficienti contro tratta di esseri umani e sfruttamento. Nonostante l’Ue abbia minacciato di bandire l’importazione dei prodotti ittici, nel settore persistono ancora abusi e violazioni dei diritti umani.

 

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“Alcuni di noi sono stati uccisi a bordo” racconta Thom, che nel 2009 era arrivato in Thailandia perché un broker appartenente a una rete criminale gli aveva promesso un lavoro nell’edilizia. Arrivato dall’altra parte del confine, però, gli sono stati sottratti i documenti ed è stato costretto a lavorare ininterrottamente su un peschereccio thailandese. Un giorno, ha anche assistito a un omicidio. “A poppa, era pieno di sangue- racconta-. Vivevo come un topo: un pezzo di legno almeno galleggia. Ma un topo, se si stanca, annega. Se non fossi stato fortunato, sarei già morto”. E in effetti, secondo dati Onu (2009), il 59% dei migranti ha assistito a un omicidio a bordo. In tanti sono stati uccisi, altri sono diventati dipendenti dalle droghe o hanno sviluppato disturbi post traumatici e problemi psichici. “Non avevamo un solo momento per riposare. Soffrivo il mal di mare e non potevo mangiare. E così mi sono ammalato. Ma come dicono loro: “se puoi mangiare, puoi lavorare”. Per fortuna, Thom è riuscito a sfuggire alla schiavitù e oggi, dopo diversi anni, è diventato un Ambasciatore sociale dell’ong GVC in Cambogia. Raccontando la sua storia, aiuta altri migranti a non cadere nella trappola della tratta e dello sfruttamento, fenomeni che sono spesso strettamente connessi. “Se è facile identificare i trafficanti in coloro che costringono alla prostituzione, è più difficile che la stessa cosa accada con imprenditori senza scrupoli che riducono i migranti al lavoro forzato. Siano essi caporali nel Sud Italia o nel Sud Est Asiatico, è bene sapere che i gamberetti che arrivano sulle nostre tavole possono nascondere una storia drammatica, se non si sconfigge il fenomeno della tratta e si effettuano rigorosi controlli sulla rete di approvvigionamento ” dichiara Margherita Romanelli, responsabile di GVC per l’area asiatica. “Noi di GVC lavoriamo da anni in Cambogia e da poco anche in Thailandia per far sì che i migranti cambogiani siano adeguatamente informati affinché si possano prevenire altri episodi simili – spiega Dina Taddia, presidente di GVC-. Di recente, in Cambogia, GVC ha firmato un importante Memorandum of Understanding con il National Commitee for Counter Trafficking. Un passo in avanti per sostenere i migranti cambogiani e prevenire il traffico e lo sfruttamento di esseri umani in Thailandia”.