GVC è presente in Libano dal 2006: era l’anno della guerra fra Libano e Israele (conosciuta anche come secondo conflitto libano-israeliano), durata 34 giorni e finita grazie all’intermediazione delle Nazioni Unite. Come succede in queste casi, la tempestività è essenziale: abbiamo quindi attivato un intervento immediato  per ripristinare l’accesso all’acqua, tramite la ricostruzione delle reti idriche e fognarie distrutte dagli scontri armati. L’acqua è un diritto fondamentale, una risorsa sempre più al centro di scelte che segnano la sopravvivenza delle persone e purtroppo spesso anche un’arma per costringere le popolazioni ad abbandonare i propri territori.

Dal 2012, un anno dopo l’inizio della guerra in Siria, drammatico conflitto ancora in atto in cui GVC opera a Damasco ed Aleppo, abbiamo iniziato ad assistere la popolazione siriana in fuga dalla guerra (15 comunità, nei 320 campi informali esistenti) nel nordest della valle della Bekaa, zona famosa per il vino (qui sorgono le cantine più antiche del Libano, quelle di Xsara e Kefraya). In questa zona siamo fra le poche organizzazioni ad operare nella zona di Mashari Al Qaa, al confine con la Siria, in collaborazione con la Croce Rossa Libanese. Qui sorge il paesino di Al Qaa, comunità cristiana che conosciamo bene, situata a soli 7 chilometri dal confine siriano. Tristemente noto alla cronache per l’attentato di 6 mesi fa, Al Qaa è una comunità che come tante altre qui in Libano si prepara a celebrare il Natale. Qui risiedono anche molte famiglie di rifugiati siriani, cristiani, e tutti insieme cercano di onorare comunque questa festa religiosa.

Père Elian, reverendo di Al Qaa, ci ha raccontato come stanno vivendo questa festa. “Nonostante l’attentato che ci ha colpiti profondamente, la comunità di Al Qaa crede nell’umanità, nello spirito che accomuna tutte le tre religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e Islam), che sono ‘samauie’ (celestiali). La comunità sta cercando di lasciare aperto il canale dell’accoglienza e della protezione verso i più vulnerabili e deboli. Siamo tutti fratelli e dobbiamo aiutare chi ha bisogno. Anche se in certi momenti abbiamo paura per la situazione di sicurezza precaria, noi non vogliamo andarcene. Vogliamo continuare a vivere nella nostra terra, il ruolo di Al Qaa è importante per la zona. Comunità religiose diverse, cristiane e musulmane sciite e sunnite insieme, collaboriamo da anni per creare un modello di convivenza pacifico perché la pace è la parola chiave di tutte le nostre religioni. L’evento terroristico non è legato alla nostra storia, a questa area del Libano. Il terrorismo non ha niente a che fare con la religione e con la presenza dei rifugiati nella nostra zona”.

Fra di noi ci sono 100 famiglie cristiane di rifugiati che festeggiano con noi in chiesa. Ovviamente per loro il Natale non è questo. Il Natale è la festa di Gesù, ma anche della famiglia, da festeggiare in casa. I rifugiati hanno lasciato la loro casa in Siria, quindi per loro il Natale è a casa, in Siria. Ora che sono qui festeggeranno con noi che oltre ad avere un ruolo religioso è anche comunitario. Cerchiamo di dare a queste famiglie il minimo per farle sentire a casa, dando regali ai bambini, piccole cose che possano aiutarle ad avere una vita normale. Li abbiamo accolti nella nostra comunità per proteggerli perché siamo tutti fratelli e come comunità facciamo il possibile per aiutarli”.

Auspico che il 2017 sia un anno di pace. La guerra in Siria deve terminare. Le famiglie rifugiate non vedono l’ora di tornare a casa, ma come possono ritornare se non c’è sicurezza? Spero tanto che il prossimo anno sia un anno che ci aiuti a trovare un sentimento di perdono e a mitigare le sofferenze e il dolore delle famiglie colpite dall’attentato”.

La situazione straordinaria che sta vivendo questa zona (ricordiamo che il Libano è uno dei primi paesi di accoglienza dei rifugiati in fuga dalla guerra, in cui una persona su quattro è rifugiata) e Al Qaa in particolare, in cui il ricordo dell’attentato è ancora molto vivo, non ha fatto strada a sentimenti di odio e chiusura. Pur con qualche cambiamento (per esempio la tradizionale messa di mezzanotte per due anni  è stata anticipata alle 5 del pomeriggio per ragioni di sicurezza) si continua a credere nelle persone, nell’umanità e nell’importanza della comunità. E anche qui si festeggia con regali per i bambini e cibo tradizionale, come ci racconta un membro del nostro staff locale: “Per i bambini organizziamo l’arrivo di Babbo Natale. C’è il negozietto che normalmente vende oggetti di elettricità, ma nel periodo di Natale compra giocattoli, e il titolare o uno dei suoi figli si veste da Babbo Natale e porta i regali ai bambini. Per mia figlia di 7 anni ho scelto due regali in negozio, un puzzle dei puffi e una lavagnetta con i colori. Siccome il Babbo ‘elettricista’ viene in macchina, mi assicuro sempre che quando arrivi davanti casa nasconda la macchina e suoni il campanello così ci prepariamo per il suo arrivo. Facciamo una foto con lui e mia figlia è felice con i suoi nuovo regali”.

La cena di Natale è fatta da una serie di pietanze tradizionali come l’Habash el Eid, tacchino e riso, e il Bish du Noel, una torta a forma di Babbo Natale piena di cioccolato e crema. La cena è accompagnata dal vino rosso delle nostre cantine locali della valle della Bekaa. Le famiglie cristiane rifugiate vengono a messa con noi. Hanno la nostra stessa tradizione, il Natale è la festa della famiglia e della comunità. Molte di queste famiglie vivevano dall’altra parte del confine siriano, quindi da generazioni hanno contatti diretti con le nostre famiglie libanesi. Però nonostante questa vicinanza geografica e culturale, fatta spesso anche di legami familiari, il loro Natale non può essere come quando erano in Siria. E’ un natale provvisorio: il Natale è la festa anche della casa, e casa loro non è qui in Libano ma in Siria. Quindi non vedono l’ora di ritornare a casa per festeggiare a casa e con la loro famiglia”.

Agli abitanti di Al Qaa, e a tutte le persone (in Libano, in Europa o in Italia) che in questo momento si stanno adoperando in qualche modo di fare trascorrere un Natale sereno alle persone scappate dalla guerra, va tutta la nostra ammirazione e l'augurio di Buone Feste.