MIGRANTI IN TRANSITO
Parte da Ventimiglia un progetto per rendere meno difficile la condizione dei migranti che arrivano nel nostro paese per cercare un futuro migliore in Europa.
L’obiettivo è quello di migliorare le condizioni di vita dei migranti in transito a Ventimiglia, aumentati in maniera considerevole a seguito della chiusura delle frontiere da parte di Francia e Austria.
ll progetto vuole aumentare la consapevolezza del proprio status di portatori di diritti da parte dei migranti, facendo emergere il loro pregresso e aspirazioni, dando loro supporto umano, informandoli rispetto a rischi e opportunità della loro condizione giuridica, dando voce a loro bisogni e istanze collettive in modo pacifico.
Il numero di migranti beneficiari del progetto oscillerà su 300 persone, che verranno intercettate in alcuni luoghi principali di transito dei migranti a Ventimiglia. WeWorld in collaborazione con l’Associazione Popoli in Arte, partner locale di progetto, promuove un intervento di risposta ad un’ emergenza che sta diventando quotidiana: nel solo mese di giugno sono stati contati 3000 tra uomini, donne e bambini in transito per avere un’opportunità di costruire un progetto di vita “normale”.
Da quando Francia e Austria hanno chiuso le frontiere ai migranti non regolari, sono migliaia i migranti in transito provenienti dall’Asia o dal Medio-Oriente, deviati sull’estremo Ponente Ligure.
La città di Ventimiglia ha due punti di frontiera verso la Francia. Qui i migranti arrivano soprattutto con il treno, per questo è proprio la stazione il punto privilegiato per intercettare i migranti in transito o in sosta.
Le prime settimane di lavoro ci hanno permesso di ascoltare le persone e far capire loro quali sono i diritti che hanno. C’è tanta confusione e tanta fatica:
Jamene, eritreo. E’ partito con sua moglie dall’Eritrea 5 mesi fa per scappare dalla guerra.
Si sono rifugiati in Sudan attraversando il deserto in un viaggio durato 12 giorni, due dei quali senza acqua o cibo. Nel deserto sono stati catturati da una banda di ladroni che li ha torturati chiedendo come riscatto 3.000 dollari a testa. Hanno fatto vendere la loro piccola casa in Eritrea e dato loro i soldi. Arrivati in Libia hanno provato ad attraversare il Mediterraneo ma dopo 12 ore in mare lo scafista inesperto ha guidato la barca verso un altro punto della costa libica e la polizia libica ha portato la barca in porto e ha arrestato tutti. Lì hanno pagato altri soldi per il riscatto. Dopo 2 settimane hanno tentato il viaggio in mare una seconda volta. Purtroppo dopo pochi chilometri il gommone ha iniziato a sgonfiarsi e solo chi sapeva nuotare si è salvato. Lui ha visto morire sua sorella davanti ai suoi occhi. Dopo un mese, ha provato ancora ad attraversare il mare con sua moglie ed è stato salvato dall’Italia. Qui la polizia non gli ha spiegato la procedura, anzi lo ha obbligato a rilasciare le impronte digitali. Sono andati poi a Milano per poi arrivare a Ventimiglia dove hanno appreso che per gli eritrei ci sono delle vie legali per raggiungere altri paesi.
Purtroppo però hanno saputo di amici che hanno aderito al programma di relocation, ma che stanno aspettando di essere trasferiti da un anno e ad oggi non è successo nulla. Ora pensano di tentare lo stesso di andare altrove. Ringraziano l’Italia e gli italiani che hanno un grande cuore.
Vorrebbe andare via dall’Italia perché sa che qui non c’è lavoro. In Eritrea, lo stipendio medio è di 10 euro al mese. Spera di trovare un lavoro e di aiutare chi è rimasto in Eritrea a sopravvivere.