Di seguito la testimonianza di Monica Mazzotti, Assistente al Coordinamento Medio Oriente, di ritorno dalla sua ultima missione di monitoraggio dei progetti GVC nella Striscia di Gaza.

Monica ci racconta la storia di una delle tante famiglie vittime del conflitto durato oltre 50 giorni. 

 

Wadi Salqa, Striscia di Gaza. 24 settembre 2014

Questa mattina assieme a Ghassan, coordinatore GVC a Gaza, ci siamo diretti verso Wadi Salqa, nella zona centrale della Striscia di Gaza. Il villaggio si trova ad est, a 2 km dal confine con Israele, la zona più colpita dal conflitto durato oltre 50 giorni.

Dal 26 agosto, data del cessate il fuoco, la popolazione locale attende con trepidazione i futuri scenari possibili, tentando di tornare alla normalità in una zona dove quasi nulla è normale. Si contano i danni subiti e si cerca di recuperare ciò che non è stato distrutto.

Wadi Salqa è un piccolo villaggio di agricoltori, dediti in particolare alla produzione di olio d’oliva e alla coltivazione di ortaggi. Qui, noi di GVC stiamo assistendo la popolazione locale,  distribuendo acqua potabile attraverso cisterne installate all’interno del villaggio. 

Delle oltre 800 famiglie presenti a Wadi Salqa, oltre un quarto sono rimaste senza casa. Alcune di queste hanno trovato riparo presso una delle scuola delle Nazioni Unite - UNRWA - mentre gli altri sono ospiti presso familiari o amici nelle comunità vicine. C’è chi poi è voluto restare lì dove è nato, accampato presso ciò che resta della propria casa.

Durante la mia visita ho avuto modo di incontrare e parlare con molte persone.

Tra tutti difficilmente dimenticherò la storia della famiglia Abu Daher. Prima di quest’ultima guerra le oltre 70 persone di questa famiglia “allargata” - 20 adulti e 50 bambini - vivevano in 8 case vicine tra di loro dedicandosi interamente al loro uliveto adiacente alle abitazioni: da questo terreno, ricavavano la fonte principale del loro sostentamento economico, l’olio d’oliva.

Le loro case sono state completamente rase al suolo. Non solo. Oltre a case e infrastrutture civili (quali scuole, acquedotti e ospedali) l’esercito israeliano ha distrutto le aree agricole, sradicando alberi, distruggendo serre, macchinari e strutture produttive e riempiendo il suolo di agenti inquinanti. L’uliveto secolare della famiglia Abu Daher ha subito la stessa sorte.

Ora i membri della famiglia Abu Daher vivono accampati in una piccola tenda donata loro dalla Croce Rossa Palestinese, tra l’uliveto e ciò che resta delle proprie case, nell’attesa che qualcosa accada  sperando in un rifugio sicuro prima dell’arrivo dell’inverno.