Sono stati due giorni intensi a Bruxelles quelli del 3 e 4 giugno per le Giornate Europee dello Sviluppo (European Development Days). Migliaia i partecipanti, 50 gli stands, 130 fra conferenze e workshop sulle 15 tematiche principali affrontate, o meglio sulle sfide del futuro: cibo, educazione, cittadinanza, salute, clima, energia, sviluppo urbano, inclusione, finanze, crescita, lavoro, migrazioni, genere, diritti umani e commercio. 

Il GVC non poteva mancare: Stefania Piccinelli, la nostra inviata speciale a Bruxelles, ci ha raccontato come sono andate queste giornate europee dedicate allo sviluppo, appuntamento fisso per chi si occupa di cooperazione. Quest'anno rivestono in più un’importanza particolare perché gli European Development Days hanno inaugurato un semestre in cui 3 eventi mondiali segneranno il futuro del pianeta e degli esseri umani che lo abitano.

Il primo appuntamento sarà a luglio, ad Addis Abeba, dove si terrà la terza conferenza “Financing for development”, e si deciderà chi, quanto e su cosa investire per lo sviluppo ma soprattutto per combattere le diseguaglianze, che ormai non esistono più solo tra i paesi ma anche all’interno degli stessi. E la crescita di questa forbice accomuna tutti i paesi, in via di sviluppo e non.

Sia il presidente della Commissione Europea Junker che quello del Parlamento, Shulz, hanno ribadito in maniera decisa l’impegno dell'Unione Europea ad arrivare allo 0,7% del PIL per gli Aiuti Pubblici allo Sviluppo (ODA = Official Development Aid). Junker è andato anche oltre, bacchettando dal podio della sessione plenaria di apertura gli stati membri che hanno addirittura abbassato il proprio ODA o che rimangono inesorabilmente il fanalino di coda della solidarietà europea, come l’Italia con il suo 0,13%.

Secondo appuntamento importantissimo di questo 2015 legato allo sviluppo è quello di settembre a New York, dove la 70° Assemblea delle Nazioni Unite sancirà i futuri obiettivi dello sviluppo mondiale che andranno a sostituire i precedenti 8 obiettivi (2000-2015) che hanno mostrato negli anni tutta la loro inadeguatezza. In futuro ci saranno gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile, Sustainable Development Goals (SDGs), obiettivi che coinvolgeranno tutti i paesi e non solo quelli in via di sviluppo, stabilendo una volta per tutte che il mondo è uno, e così come i problemi sono inscindibilmente correlati, così lo sono anche le soluzioni. Sfide come migrazioni e consumo sostenibile, governance e rispetto dello stato di diritto, saranno al centro degli SDGs, insieme al diritto al cibo, la lotta al cambio climatico e l'accesso ad acqua ed energia. 

L'ultimo appuntamento a chiudere questo 2015 sarà a Parigi, a fine anno, dove si terrà la Conferenza sul Clima. Occasione che non può essere sprecata e che segna in maniera indelebile la connessione tra sviluppo umano e ambiente. Il risultato di Parigi è lungi dall’essere scontato, perché se gli stati del mondo sembrano aver raggiunto un consenso più o meno ampio sull’Agenda post-2015 per quanto riguarda lo sviluppo, altrettanto non può essere detto per l’accordo sul cambio climatico.

Gran parte del consenso sugli SDGs si giocherà ad Addis Abeba dove si capirà quanto resteranno una dichiarazione di intenti o prenderanno invece forma in un impegno reale da parte degli stati: che impegno finanziario necessitano gli SDGs? Chi si impegnerà in questo senso? Come garantire che le risorse finanziarie vadano realmente a incidere in maniera positiva sul raggiungimento degli obiettivi prefissati? Per questo, al di là delle questioni più puramente tematiche, le due parole d’ordine a Bruxelles sono state in questi giorni “measuring” e “accountability”: i numeri come indicatori di chi ha bisogno, dove e soprattutto l’impatto reale dell’investimento “sviluppo”. Come misurare però coi numeri complesse dinamiche che dal globale vanno al locale? Questa resta una sfida che secondo GVC  non può essere vinta solo coi numeri ma anche e soprattutto con un’adesione reale ai valori di fondo di giustizia, equità e rispetto per l’ambiente che si rifletterà tanto negli investimenti dei governi ma anche nella coerenza delle politiche con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. L’inefficienza del sistema sta anche nel dare con una mano e togliere con l’altra.

Al centro del dibattito nella due giorni di Bruxelles sono stati i diritti: delle comunità più povere, delle donne, delle persone anziane, entrate nella nuova agenda per lo sviluppo, così come i migranti. Emigrare dovrebbe essere una scelta e non una necessità: ma la questione che resta aperta è come rendere tutto ciò possibile in un momento storico in cui, nelle parole del presidente Junker stesso, gli stati europei non si mostrano solidali nemmeno in tema di accoglienza.

L’affermazione di Federica Mogherini, Alto rappresentante per gli affari esteri della UE, nella sessione plenaria di chiusura della prima giornata di lavori la dice lunga sulle sfide che ci attendono per il futuro: “L’Europa è ancora al centro del mondo nelle cartine geografiche, ma non lo è più ormai, e da molto, nella realtà”. La Mogherini ha attenuato però in parte questa frase con un altro leit-motif degli EDD: "l’Europa ha ancora un ruolo importante da giocare ed è nella costruzione di partnership basate su responsabilità condivise".