In Afghanistan, sono trecento le famiglie che hanno ricevuto seicento capre gravide grazie a GVC Italia e ad Intersos. Adesso spetterà a loro scegliere se venderle o diventare allevatori. Comprendere il valore di questo dono che garantisce la sussistenza a uomini, donne e bambini, che vivono in queste zone remote minacciate dai Talebani non è semplice. I livelli di malnutrizione aumentano. Si rende sempre più difficile coltivare i terreni. E le famiglie più vulnerabili rischiano di soccombere. “Sono aree dimenticate, ai confini con il Turkmenistan, dove mai alcuna organizzazione è arrivata, dove manca tutto, dall’acqua all’elettricità” ha dichiarato il capo progetto Paolo Panichella a Pierfrancesco Curzi, autore dell’articolo, pubblicato su Il Resto del Carlino, che riproduciamo integralmente. Ringraziamo l’autore per la gentile concessione.

Photo credit: Laura Salvinelli per GVC Italia

VOLONTARIATO, DONATE 600 CAPRE PER AIUTARE 300 FAMIGLIE 

Articolo pubblicato il 31 marzo 2017 su Il Resto del Carlino

GVC NELL’AFGHANISTAN PROFONDO “A QUESTA GENTE MANCA TUTTO”

DA BOLOGNA AL PROFONDO AFGHANISTAN per aiutare la popolazione più povera e abbandonata e liberarla dal gioco dei Talebani. Una missione umanitaria di incredibile valore quella che è stata portata a termine dall’Organizzazione non governativa bolognese GVC (Gruppo di Volontariato Civile), impegnata da anni in progetti di cooperazione nella parte orientale del travagliato Paese, nell’area di Herat.

DOPO AVER REALIZZATO POZZI e canalizzazioni per captare l’acqua dalle alte montagne, che altrimenti sarebbe andata persa, il personale operativo sul posto di GVC – in collaborazione con Intersos – ha chiuso un altro progetto avviato a settembre 2016: “Nei giorni scorsi abbiamo consegnato due capre Watani, la migliore razza locale – spiega il capo progetto di GVC in Afghanistan, Paolo Panichella – a ciascuna delle 300 famiglie di alcuni villaggi nei distretti di Gulran, Adraskan e Kuska Khuna. Parliamo di aree dimenticate, ai confini con il Turkmenistan, dove mai alcuna organizzazione è arrivata, dove manca tutto, dall’acqua all’elettricità”.

Photo credit: Laura Salvinelli per GVC Italia

LE FAMIGLIE “vivono con poco, in condizioni di profonda indigenza. La guerra e la paura del terrorismo hanno peggiorato la condizione generale; non si coltiva più nulla, ci sono gravissimi problemi di malnutrizione, specie tra i bambini. Insomma una situazione cronica nell’emergenza costante. Così abbiamo ideato questo progetto, lo abbiamo presentato e ci è stato finanziato”. Una spesa globale di meno di 60mila euro, con effetti diretti e immediati sulla gente, senza voli pindarici che spesso rischiano di arrivare a nulla.

IL VALORE DI QUESTO DONO In Italia, ricevere in donazione due capre, pur di razza di elevatissima qualità, farebbe sorridere. A quelle latitudini dimenticate sono una risorsa e una vera manna dal cielo. Le peggiorate condizioni di sicurezza e di instabilità hanno messo a rischio lo svolgimento del progetto, la presenza dei Talebani e di altri gruppi di criminalità locale, stavano per far saltare l’intero lavoro: “Si lavora sempre sul filo – aggiunge Panichella, al termine dell’ennesimo viaggio afghano tra mille rischi – con la passione di chi vede realizzarsi un piano con persone che, di fatto, ricevono un aiuto concreto dalle nostre mani”.

Photo credit: Laura Salvinelli per GVC Italia

CAPRE WATANI Prima della consegna “c’è stato un grande lavoro, a partire dal reperimento dell’allevatore locale di capre, scelto con regolare gara d’appalto. Il vincitore ha fornito 600 capre, tutte gravide. Ora hanno partorito, regalando altri esemplari e una certa forma di sussistenza alle famiglie”.

VENDERE O ALLEVARE? Adesso, spiega Panichella, “spetterà loro scegliere la strategia, vendere una o due capre e tenersi le altre o puntare ad un allevamento più ampio. Qui l’economia funziona così, è di pura sussistenza. Sono state scelte le famiglie più bisognose, donne sole o vedove con figli a carico ad esempio, e le più vulnerabili”.

UN LAVORO DI RETE I criteri di scelta sono discussi nelle shure, le consultazioni guidate dai capi villaggio. In Afghanistan funziona così. “Paura che possa accadere qualcosa? Preoccupazioni, piuttosto, ma alla fine tutto è andato bene, grazie anche ai nostri insostituibili partner afghani, professionisti eccellenti. Inoltre lavoriamo in collaborazione con l’Aics, l’agenzia della Cooperazione italiana, che è sempre vicina a noi: coordina gli interventi e garantisce la nostra sicurezza”.