Margherita Romanelli, responsabile desk per Bosnia, Serbia, Macedonia, Vietnam, Cambogia, Laos di GVC ha pubblicato un articolo di approfondimento sul tema del microcredito sulla rivista “Inchiesta”.
Da oramai oltre trent’anni il microcredito occupa un ruolo centrale nell’ambito delle economie in via di sviluppo come risposta a fenomeni già conosciuti come i crescenti flussi migratori e il forte impoverimento di parti sempre più consistenti della popolazione, fenomeni che ancora oggi non hanno trovato una soluzione.
Il microcredito però parte da logiche di aiuto e intervento molto diverse da quelle viste all’opera fino ad oggi. Nato nel 1977 in Bangladesh dall’impulso del professor Yunus, seriamente intenzionato ad estirpare la povertà (o quanto meno ad attenuarla) dal suo paese, il microcredito parte da alcuni presupposti fondamentali e innovativi, che costituiscono anche il suo punto di forza.
In primo luogo i soggetti interessati da progetti di microcredito sono per la stragrande maggioranza delle donne.
Non è richiesta alcuna garanzia da parte del debitore se non quella “morale”, cioè un’assicurazione sulla persona da parte di un soggetto terzo (il più delle volte un’autorità che conosca il debitore stesso, come il capo-villaggio).
In sostanza il microcredito sembra essere il giusto strumento per coniugare uno sviluppo dell’imprenditorialità dal basso che di conseguenza porta ad un aumento dell’occupazione in tutti quei paesi nei quali sarebbe altrimenti impossibile e impensabile creare una forma di finanziamento ed una linea di credito capaci di incontrarsi con i bisogni della fascia più economicamente isolata della società.


Il GVC in due diversi ambiti (il Vietnam e il Burkina Faso) ha riproposto efficacemente lo strumento del microcredito.
In Vietnam GVC, in collaborazione con le Autorità Locali e il Ministero degli Affari Esteri Italiano, ha avviato nel 2006 un programma di microcredito per le famiglie indigenti in tre diversi comuni.
I prestiti erogati sono tutti di piccolo taglio (generalmente tra gli 80 e i 200 euro) variando a seconda della più o meno elevata soglia a cui si attesta la povertà nel paese in cui si opera.
Non è richiesta alcuna garanzia da parte del debitore se non quella “morale”, cioè un’assicurazione sulla persona da parte di un soggetto terzo (il più delle volte un’autorità che conosca il debitore stesso, come il capo-villaggio).
In Burkina Faso invece il GVC ha collaborato nel costituire le cosiddette Banche del Cereale fondate su un elemento del tutto innovativo: l’uso di sementi come base su cui erogare prestiti, a cui si sono poi aggiunti programmi di formazione volti a rendere maggiormente consapevole e preparato ciascun soggetto beneficiario.