È facile cogliere la disperazione negli occhi di chi, in poche ore, è stato costretto ad abbandonare la propria casa e i pochi averi per fuggire in un paese straniero seppur vicino.
È questo che si coglie negli occhi di Amir, il figlio maggiore di una famiglia di agricoltori che da generazioni lavora la terra nell’area agricola a sud della città siriana di Homs.
Da una settimana vive con l’intera famiglia, i genitori, la moglie e i figli in una tenda fatta di pochi teloni di plastica a Masharia al Qa in territorio libanese a poche centinaia di metri dal confine siriano.
Sono fuggiti a piedi con quanto avevano indosso e le poche cose che riuscivano a trasportare, hanno camminato per quasi otto ore sulle vicine colline siriane per poi raggiungere attraverso i campi il Libano.
Non avendo documenti sono rimasti a Masharia al Qua una zona cuscinetto fra il territorio siriano e il formale posto di confine libanese e da quest’area, larga poco più di sette chilometri km e lunga una decina, non si possono muovere: qui aspetteranno la fine del conflitto sperando di poter ritornare presto a vivere e lavorare sulla loro terra.
Le famiglie come quella di Amir sono oltre 500 a Masharia al Qa e nuovi arrivi si registrano ogni giorno.
Sono aiutate per quanto possibile dalle famiglie di agricoltori libanesi che vivono nell’area, che gli offrono l’ospitalità dei loro frutteti e la possibilità di utilizzare l’acqua dei loro pozzi agricoli. I più fortunati vengono ospitati nelle case, ancora in costruzione, iniziate in previsione del matrimonio di uno dei figli: una famiglia per stanza, stanze fatte di soli mattoni di cemento talvolta senza neppure il tetto, al posto del quale vengono usati coperture fatte di sacchi di tela o plastica. Abbiamo contato più di 6 famiglie, oltre 50 persone, ed in una di queste “abitazioni” la latrina è un unico buco per terra accanto alla casa, costruita con teloni di plastica per ripararsi alla meglio.
C’è bisogno di tutto, manca acqua pulita, l’accesso a minimi servizi igienici, quanto necessario per cucinare, cure mediche soprattutto per le numerose donne in avanzato stato di gravidanza e i numerosi bambini, manca un posto dignitoso dove ripararsi dai cocenti raggi del sole ma soprattutto dalla pioggia e il freddo previsti fra pochi mesi.
In lontananza mentre parliamo ancora con Amir ci arriva il rumore di alcune detonazioni, non sappiamo quanto lontano sia il fumo che vediamo levarsi; è da questo tipo di incursioni che Amir e gli altri stanno scappando, incursioni sempre più frequenti che li hanno costretto a decidere di abbandonare quanto costruito, spesso nel corso di diverse generazioni, per cercare la sicurezza che il vicino territorio libanese poteva offrire.
Alcune di queste famiglie sono a Masharia al Qa da oltre sei mesi.
La loro disperazione cresce con il perdurare del conflitto e con la disperazione cresce anche la paura che al loro ritorno troveranno ben poco di quello che hanno lasciato.
Il GVC collabora attualmente in stretta sinergia con Ong libanesi che stanno sostenendo i profughi siriani nell’area attraverso la distribuzione di coperte, materassi, kit igienici e piccoli serbatoi per l’acqua; nei prossimi giorni verranno distribuiti anche filtri per l’acqua, ma è poca cosa rispetto a quanto è necessario. Servono fondi per attrezzare rifugi idonei per il prossimo inverno, comprare materiali da cucina, vestiti, cibo, kit igienici e garantire l’accesso a servizi sanitari di base e non ultimo per sostenere l’attivazione di servizi ludico didattici per le centinaia di bambini presenti nell’area; servono fondi per garantire una vita dignitosa a queste famiglie in attesa che le condizioni di sicurezza nell’area possano permettere loro di tornare a casa.