Riportiamo di seguito l'articolo pubblicato da Redattore Sociale sulla ricostruzione ad Haiti, a sei anni dal terremoto. 

 

Era il 12 gennaio 2010 quando un devastante terremoto colpì Haiti, lasciando oltre 220 mila vittime e una terribile epidemia di colera. Un sisma di magnitudo 7, con epicentro a 25 chilometri dalla capitale Port-au-Prince. Un sisma che ha coinvolto quasi 4 milioni di persone

Oggi, 6 anni dopo, cosa è cambiato? L’abbiamo chiesto a Dina Taddia, presidente della ong bolognese Gvc, che tra le prime intervenne nel Paese caraibico per far fronte all’emergenza umanitaria. 

Se penso ad Haiti oggi, penso a un Paese che ha superato la prima emergenza, ma deve ancora ricostruire molto. Anzi, talvolta deve proprio costruire da capo: l’agricoltura è arcaica, e la coesione sociale praticamente inesistente. È necessario implementare lo sviluppo locale sostenibile, magari puntando anche sul turismo, sul modello della confinante Repubblica Dominicana, dalla morfologia pressoché identica. Anche se le due realtà sono molto diverse, certo per le infrastrutture, ma forse anche per volontà politica”.

Quando si atterra all’isola di Hispaniola, racconta Taddia, si vedono due mondi: da una parte, la rigogliosa Repubblica Dominicana, con le sue fertili pianure; dall’altra parte, uno spiazzo. Quella è Haiti, vittima di un’incosciente deforestazione. Basti pensare che all’arrivo di Cristoforo Colombo, circa i tre quarti della superficie haitiana erano coperti da alberi: oggi, il 98 per cento di quegli alberi è stato abbattuto, soprattutto a causa dell’elevato uso di carbone vegetale come fonte d’energia della nazione, ottenuto attraverso la combustione di legna in presenza di poco ossigeno. La Repubblica Dominicana, invece, ha proibito l’abbattimento degli alberi per il carbone vegetale sostituendolo con il propano.

L’altro aspetto che colpisce con più forza è lo sfilacciato tessuto sociale di Haiti: nata da una ribellione degli schiavi neri importati dall’Africa, da sempre vive schiacciata tra le correnti di politica interna e l’ombra di altri Stati (Francia, Spagna e, più recentemente, Stati Uniti). Una gestione non facile per Michel Martelly, eletto presidente alle elezioni generali del 2010-2011: esponente del partito Risposta contadina, è conosciuto con il nome di ‘Sweety Micky’. Già, perché Martelly è anche un cantante, pioniere del genere musicale kompas music, uno stile di musica haitiana dance cantata in creolo.

Sei anni dopo molti degli sfollati sono rientrati nelle loro case – spiega Taddia –, ma ce ne  sono altri che ancora vivono nelle città, magari nelle bidonville. Anche l’epidemia di colera piano piano si sta riducendo, ma serve consegnare agli haitiani strumenti adeguati per migliorare”. 

Per tutti questi motivi, Gvc ad Haiti ha progetti attivi su più fronti: “Subito dopo il terremoto ci siamo occupati – come tutti – dell’emergenza, cominciando, però, a gettare le basi per una progettazione. Oggi lavoriamo molto sull’agricoltura, per introdurre nuovi sistemi di coltivazione, magari impiegando sementi adatte a climi anche più secchi. Cerchiamo di rendere reperibili cibi dall’apporto nutrizionale migliore: in periodi di siccità ci sono aree in cui i bambini soffrono la fame. Ovviamente la nostra forza imprescindibile è il personale locale”. 

La ong bolognese ha progetti attivi anche per l’accessibilità delle risorse idriche: “Ci sono falde acquifere ancora non sfruttate perché non c’erano i mezzi adatti. Noi li mettiamo a disposizione”. E ai progetti per l’acqua sono strettamente legati anche quelli igienico-sanitari: “Ci sono case senza acqua né sapone, così cerchiamo di trasmettere alcuni accorgimenti forse molto scontati per noi, ma per loro di fondamentale importanza”. Il caffè potrebbe trascinare il rilancio dell’isola, nuove case, scuole, ospedali  sono stati costruiti, la polizia è stata ricreata, ma altri settori rimangono in sofferenza: “Per questo ci muoviamo in diverse direzioni: l’emergenza per l’isola è cronica”, spiega Taddia.

Dal post-terremoto, i media hanno ribattezzato Haiti ‘Repubblica delle ong’, questo perché migliaia di associazioni benefiche, per la ricostruzione, vi registrarono una sede. Si contarono 7 miliardi di aiuti umanitari. “È vero, dopo il terremoto è arrivato il mondo. Ma a 6 anni le ong ancora presenti sono molte meno, soprattutto perché quelle emergenziali se ne sono andate. E poi va sottolineato che i finanziamenti sono scesi vertiginosamente, eriuscire a ottenerne, oggi, è molto più difficile di allora”. 

I progetti di Gvc sono realizzati in parte grazie a fondi della Commissione europea, in parte per finanziamenti locali. Anche gli Usa stanno facendo investimenti importanti, nel settore turistico, per esempio. “Serve tanta, tantissima collaborazione, anche da parte degli haitiani stessi. Servono segnali tangibili che una ripartenza democratica del Paese sia possibile”. 

 

Ambra Notari © Copyright Redattore Sociale