TRATTA E MIGRAZIONI FORZATE AL CENTRO DELLA NUOVA OPERA DI TAKOUA BEN MOHAMED: MA “UN’ALTRA VIA PER LA CAMBOGIA” È POSSIBILE

 

Un “diario di bordo” a fumetti, tra reportage e racconto di viaggio autobiografico, per raccontare le storie dimenticate di uomini, donne e bambini cambogiani vittime di tratta di esseri umani: ecco la graphic novel “Un’altra via per la Cambogia” della fumettista italo-tunisina Takoua Ben Mohamed, pubblicata dalla casa editrice BeccoGiallo, presentata il 10 ottobre al Terra di Tutti Film Festival a Bologna.

Takoua Ben Mohamed fa rivivere con i suoi disegni le vite e le storie dei migranti cambogiani costretti ad affidarsi ai trafficanti di esseri umani (i cosiddetti “broker”) per trasferirsi alla ricerca di un lavoro che possa permettere alle loro famiglie di sopravvivere. Sono infatti circa un milione i cambogiani (su una popolazione di 14 milioni, di cui la metà minori) che vivono e lavorano nella vicina e più ricca Tailandia. Uomini e donne che migrano in maniera più o meno volontaria, spesso irregolare (quasi il 70% dei casi) e che finiscono in mano a trafficanti senza scrupoli che li vendono come lavoratori a basso costo, senza nessun diritto o, nel caso delle molte donne e ragazzine, come prostitute forzate. L’immigrazione regolare è infatti molto più costosa, i tempi sono lunghi e la burocrazia complicata: per persone che vivono in comunità rurali, che non hanno mezzi né altre possibilità, quella di affidarsi ai trafficanti è l’unica scelta possibile per provare a sfamare sé stessi e le proprie famiglie.

Takoua Ben Mohamed ha visto e parlato con queste persone, le donne, gli uomini e i bambini che sosteniamo cercando di sensibilizzare giorno dopo giorno sui pericoli dell’immigrazione illegale nel Paese asiatico: ragazze vendute come merce, come se non avessero alcun valore, costrette alla prostituzione, bambini che non vedono da anni i genitori, nonni costretti a farsi carico dei piccoli quando non hanno nemmeno da mangiare.

Guarda il video: 

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La graphic novel racconta tutto questo, con la consueta ironia dell’artista italo-tunisina che ha accettato con entusiasmo questa sfida. “Sono temi che sento molto vicini, io stessa sono “immigrata” a 8 anni a Roma (anche se allora non sapevo nemmeno di esserlo) e pur nelle differenze in Cambogia ho trovato tante similitudini con il mio vissuto e con la mia infanzia in Tunisia”. Un altro filo lega Takoua a questo progetto: il volontariato. Da quando è arrivata a Roma, lei e la sua famiglia sono sempre stati molto attivi nelle iniziative di solidarietà e crede fortemente in questo impegno. E in Cambogia ha incontrato e osservato il lavoro fondamentale delle giovani volontarie europee di EU Aid Volunteers, che ci supportano nel Paese asiatico. In Cambogia, a Siem Reap, dove WeWorld ha una delle sue sedi principali, Takoua ha preso parte alle missioni nelle comunità rurali delle volontarie europee e dello staff dell’organizzazione. Un’iniziativa importante e necessaria, che portiamo avanti con l’Unione Europea dal 2012.

Siamo ormai abituati a sentire storie di migrazioni verso l’Europa, come se tutti i movimenti globali si concentrassero ai nostri confini. Questa storia, diversa e sorprendente, narra un pezzo di mondo lontano da “casa” e dall’immaginario da cartolina che il marketing del turismo ci rimanda di Tailandia e Cambogia” commenta Stefania Piccinelli, Responsabile Programmi Internazionali di WeWorld. “Alla base dei progetti di WeWorld ci sono la prevenzione e la sensibilizzazione: ex migranti forzati e vittime di tratta si mettono al servizio della comunità per raccontare i rischi del trafficking affinché nessun altro debba subire la stessa sorte”.

Non dimenticherò facilmente i social ambassador, al centro degli interventi di sensibilizzazione e di informazione di WeWorld in Cambogia contro la tratta, e le loro storie importanti, che hanno il coraggio di condividere con i loro connazionali per evitargli la stessa sorte, se un giorno decidessero di intraprendere il viaggio verso la Tailandia” racconta Takoua. “La sorte di essere vittime di trafficking, venduti come schiavi, e schiavizzati nel lavoro forzato. Oltre alle violenze fisiche e psicologiche subite, con minacce nei loro confronti e nei confronti dei loro familiari, aver vissuto così per anni ti distrugge dentro. E ci vuole veramente un grande coraggio e tanta volontà per superare questa terribile esperienza, e ancora di più per arrivare a condividerla con gli altri”.

La storia raccontata da Takoua Ben Mohamed è anche quella di 40 milioni di esseri umani, che ogni anno in tutto il mondo sono vittime di tratta: un fenomeno in crescita a livello globale, e che riguarda soprattutto i più deboli, come donne e bambini. Le vittime sono per il 70% donne, sfruttate per motivi sessuali a differenza degli uomini che vengono usati per lavoro, e per il 30% bambine e bambini: 12 milioni di minori sono vittime di tratta in tutto il mondo.