"Di quali siano i limiti e le contraddizioni della cooperazione a Gaza ne sono coscienti tutti i cooperanti impegnati nella striscia. La maggioranza dei finanziatori richiede progetti 'realizzabili in tempi brevi' e in 'aree sicure'. Realizzare un progetto in tempi brevi a Gaza significa escludere quegli interventi che necessitano l'entrata di materiale da Israele. Lavorare in 'zone sicure' significa soprattutto escludere interventi nelle aree adiacenti alla cosiddetta 'buffer zone' o, meglio 'death zone' come la definiva Vittorio sul suo blog, quella porzione di terra che segue il confine nord-orientale della Striscia di Gaza ove l'esercito israeliano spara a vista e la cui estensione oltre i 300 metri è stata dichiarata unilateralmente da Israele dopo i bombardamenti del dicembre 2008.
Come GVC abbiamo sempre cercato di lavorare tentando di superare questi limiti, di realizzare progetti infrastrutturali per la fornitura di acqua potabile attraverso impianti di dissalazione con ingresso di materiale da Israele e di lavorare nelle aree adiacenti alla buffer zone, che sono di vitale importanza per l'economia agricola della striscia e dove quotidianamente i contadini sono disposti a rischiare la loro vita per portare avanti le loro sole attività di sostentamento. Putroppo gli aiuti umanitari e la stessa presenza internazionale in queste aree è molto limitata.
Con Vittorio abbiamo sempre condiviso l'idea di quanto fosse importante che le organizzazioni non governative presenti a Gaza sostenessero i Palestinesi che continuano a vivere e a coltivare terre in quelle aree. Vittorio e l'ISM ci hanno fornito informazioni sui diversi bisogni e problematiche degli agricoltori in queste aree, ed in particolare su pozzi da riabilitare e infrastrutture agricole necessarie per coltivare quelle terre, e hanno sempre cercato di coinvolgere le agenzie umanitarie nel loro lavoro.
Nel dicembre scorso abbiamo completato un progetto che prevedeva la riabilitazione di pozzi agricoli danneggiati dalle incursioni israeliane localizzati vicino alle aree di confine. Vittorio ci ha sostenuto molto e quando il 10 gennaio 2011, a pochi metri da uno dei pozzi agricoli riabilitati nel corso del progetto, l'esercito israeliano ha sparato da una delle torri di guardia localizzata lungo il muro uccidendo Shaban Qarmut, un agricoltore che avevamo incontrato pochi minuti prima, ha fatto tutto il possibile perché il silenzio non cadesse sull'accaduto.
La mancanza di Vittorio è una grossa perdita non solo per tutta la striscia di Gaza ma anche per le organizzazioni presenti che trovavano nei sui racconti, informazioni e spunti per sostenere i più colpiti dalle precarie condizioni di vita della striscia. Continueremo a lavorare a Gaza come sempre abbiamo fatto per far fronte alle necessità primarie della popolazione facendo sì che il suo apporto non sia stato vano".
Daniela Riva, GVC Gaza