Da anni Pino Solanas ha scelto la via maestra del documentario per raccontare la “sua” Argentina; è la conseguenza naturale di una militanza politica che lo impegna in prima persona e di una scelta artistica che fin dagli esordi vede il cinema come arma di liberazione e di conoscenza. ORO NEGRO è la seconda parte del progetto ambientalista cominciato con ORO IMPURO (2009) e il dittico intitolato alla “Tierra sublevada” completa l’ambizioso affresco corale sull’Argentina di oggi che Solanas ha avviato nel 2004 con MEMORIA DEL SAQUEO e che ormai si compone di sei parti distinte ma collegate tra loro. Egli prosegue con il modello del film-saggio, in cui si fondono i generi, alternando la cronaca dei fatti a momenti di riflessione, i materiali d'archivio a ritratti commoventi dei protagonisti di ogni storia: operai, tecnici, cittadini. Insomma un'opera collettiva ancora una volta, in cui il regista si pone come tramite tra i suoi protagonisti e lo spettatore nella convinzione che solo la consapevolezza dell’attacco neo-liberista alla dignità delle persone e della comunità consenta una risposta adeguata ed efficace. (Giorgio Gosetti)

Ecco l'intervista a Fernando Solanas realizzata a durante la presentazione di "Oro Negro" al cinema Lumiére lo scorso 8 febbraio.

Com’è nata l’idea per questo film?
"Questo è uno dei soggetti principali che avevo in mente quando ho iniziato a girare questa serie di film nel 2002. Ho utilizzato sequenze che ho girato nel 2002 o nel 2003. La privatizzazione della compagnia petrolifera nazionale è stata uno dei grandi colpi inferti all’economia nazionale e alla situazione sociale del paese, é stata una catastrofe!Questo film per il 90% parla di questa privatizzazione e delle conseguenze sociali ed economiche che ha avuto. Racconta anche la storia della difesa del petrolio in Argentina, lungo il ventesimo secolo."

Chavez, Morales, la Bachelet, Lula e adesso la Rousseff: In Sudamerica ci sono stati e ci sono tutt’ora diversi governi di "centro-sinistra"rispetto al passato. Con questi governi ha potuto notare un’inversione di tendenza, qualche cambiamento anche rispetto ai temi che lei tocca nel film?
"Evidentemente il Sudamerica vive un momento di eccezione: negli anni ’60-’70 abbiamo avuto le dittature militare, poi sono venute le democrazie neoliberali, una catastrofe! Gli anni ’90 hanno rappresentato il decennio delle privatizzazioni, del piano monetarista neoliberale ortodosso, che finisce ha portato al disastro del 2001 in Argentina. Nel 1998 l’Argentina aveva una crescita zero, fu l’anno in cui il Fondo monetario internazionale fece a Menem un “omaggio” come presidente che meglio aveva applicato le ricette del Fondo monetario.Ci fu crescita zero nel 1999 e così anche per il 2000 e il 2001 e infine scoppiarono le proteste.Questo tipo di politiche, che oggi sta applicando anche l’Europa, portarono in Argentina a una sollevazione popolare spontanea.
Adesso in tutta l’America Latina, o quasi tutta, è giunto il secolo di governi piuttosto progressisti, di diverso tipo: Chavez in Venezuela, il “Fronte Ampio” (la coalizione di centrosinistra che ha vinto le ultime elezioni, ndr) in Uruguay, il Pt (Partido dos trabalhadores, il partito dei lavoratori, ndr) in Brasile, il Pt di Lula e Dilma, i Kirchener in Argentina, con una certa eterogeneità, Evo Morales è stato molto importante, è il primo presidente indio. I Kirchener stanno sviluppando una serie di politiche progressiste, per quanto riguarda i diritti umani e l’unità latino-americana.
Rappresentano tutta una generazione di presidenti che per la prima volta porteranno avanti l’unità e la costruzione di istituzioni dell’America del sud in questi dieci anni molto di più che nei cinquant’anni precedenti. Un esempio è la costituzione della CELAC (la Comunità dei paesi dell’America latina e dei Caraibi, a cui aderiscono 33 stati, per un totale di 600 milioni di persone, e un Pil di 6 trilioni di dollari, ndr), cioè l’unione di tutti i paesi dell’America latina.
Siamo avanzati moltissimo in questo.Ovviamente ogni paese al suo interno è diverso dall’altro. La trasformazione che ha fatto Evo Morales in Bolivia è straordinaria. In Argentina abbiamo fatto molto in tanti punti e in altri no. I Kirchner hanno mantenuto il modello economico estrazionista da paese fornitore di materie prime con poco valore aggregato ed è lo stesso modello privatizzatore di Menem, per quanto riguarda le estrazioni minerarie, petrolifere, i porti e le ferrovie.
Però il governo Kitchener è un governo che si è unito alle politiche latino-americaniste di integrazione e ha sviluppato una serie di politiche sociali progressiste. E’ molto contradditorio tutto questo però non possiamo dire che sia un governo che si collochi a destra, si colloca nel centrosinistra pur non andando a toccare gli interessi delle banche né degli esportatori né delle grandi corporazioni minerarie e petrolifere."

Nelle ultime conferenze mondiali sull’ambiente l’Unione europea si è ritrovata da sola a sostenere un programma di riduzione dell’inquinamento dei gas nocivi mentre ad esempio la Cina il Brasile ma anche gli Stati uniti si sono tenuti indietro, non crede che questi stessi paesi e anche tutti gli altri Paesi in via di sviluppo dovrebbero cominciare a pensare ad una forma di crescita più sostenibile?
"Sì certo, soprattutto di fronte al riscaldamento globale del pianeta. A seguito del vertice di Copenaghen del 2009 tutti quei grandi paesi che sono i responsabili del 70% del riscaldamento globale, ma non solo, hanno guardato da un’altra parte. Adesso a giugno ci sarà il nuovo vertice ecologico a Rio de Janeiro, ma né Europa, né Stati Uniti, né Cina, né India hanno preso misure urgenti e importanti, le posticipano al 2020 o al 2022."

Crede che la crisi economica ma anche sociale che sta colpendo l’Europa possa essere in qualche modo paragonabile alla crisi che ha colpito l’Argentina nel 2001?
"Certamente, perché è la crisi del capitalismo finanziario globale, è la stessa crisi. E’ incredibile che si pensi di uscire dalla crisi ripetendo gli errori o le politiche sbagliate che sono state messe in atto in America del Sud, in Argentina: monetarismo, aggiustamenti, riduzione del pubblico impiego, privatizzazioni… l’esatto contrario di quello che dovrebbe essere fatto; una tesi sostenuta non solo da me ma anche da due statunitensi premi Nobel per l’economia Paul Krugman e Stiglitz, che sostengono che per uscire dalla crisi l’Unione europea deve fare l’esatto contrario di quello che sta facendo adesso: deve fare un forte investimento pubblico in opere pubbliche e nella creazione di posti di lavoro; l’Argentina ha applicato ad un certo punto e sta continuando tutt’ora ad applicare questo genere di politiche di tipo keynesiano; purtroppo l’Argentina non ha approfittato delle condizioni favorevoli del commercio estero e dei prezzi internazionali, per riscattare l’energia che è in mano ai privati, per recuperare il petrolio che è in mano ai privati, per investire nella ricostruzione delle infrastrutture del paese: ferroviarie, navali, aeree…"

Com’è stato accolto in Argentina il suo ultimo lavoro? E, se può dircelo, cos’ha in programma per il futuro?
"Questo è un film che racconta di una battaglia, quindi è stato messo in sordina dall’establishment e dai media pubblici e privati, mentre ha avuto una grande circolazione e successo in tutto il circuito culturale e sociale, in dvd. Ha avuto un’uscita pubblica modestissima. Di questi sei film che ho girato solo il primo e il secondo sono stati diffusi dalla televisione, quelli sulla ferrovia, le imprese minerarie e petrolifere invece no. Sono film molto critici sulla politica governativa.
Per il futuro ho in progetto di continuare un film che ho girato già per metà e non ho ancora terminato, un film sulla terra, la sua proprietà e la sua situazione."