Aleppo vive, di nuovo, ore drammatiche. Il cessate il fuoco di ieri sera non ha retto nemmeno fino a oggi pomeriggio e le persone da evacuare sono rimaste bloccate. La città è di nuovo un campo di battaglia.

Le vittime della guerra sono ormai a quota 400.000, di cui moltissimi, troppi, bambini e donne, rimasti intrappolati nei combattimenti fra ribelli e forze governative. Popolazione che, in questi sei anni di guerra, ha visto sgretolarsi sotto gli occhi la propria città, la propria storia, i propri monumenti insieme alle proprie case, alle scuole, al proprio lavoro e alla loro vita. 

Siamo chiusi in casa" - racconta il nostro staff locale. "Decidere se uscire o no significa decidere se rischiare la nostra vita, e quella dei nostri bambini: in strada può succedere di tutto, le pallottole vaganti e i colpi di mortaio sono aumentati. Però non vogliamo lasciare Aleppo, c’è la nostra vita qui”. Nelle ultime ore, infatti, si sono intensificati i colpi di mortaio, che dall'inizio del 2016 arrivano a 8.500 anche nella parte ovest.

L’insicurezza di uscire di casa e l’incertezza sul futuro sono le paure più forti: “sono 10 giorni che non mando i miei figli a scuola, ho sempre tanta paura che nel tragitto succeda qualcosa, un colpo di mortaio o dei proiettili vaganti. La cosa più importante nella vita è la propria famiglia, i propri figli e la cosa fondamentale è la loro sicurezza. Per me è difficile decidere ogni mattina cosa fare, li mando o no?”.

I nostri sforzi per riabilitare gli edifici scolastici e garantire l’accesso all’acqua ad Aleppo ovest sono spesso interrotti a causa dell’escalation delle ostilità. Soprattutto le scuole, spesso gli unici posti sicuri per i bambini, in gran numero sono state distrutte o sono inaccessibili.

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