La scorsa settimana il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di riforma della Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Il giudizio della nostra Margherita Romanelli su una riforma che stavamo aspettando da oltre 20 anni.

“In linea generale, il giudizio sulla riforma è positivo, ora bisogna darle gambe, riempiendo di significato gli strumenti che prevede”.
È il commento di Margherita Romanelli dell’ong bolognese GVC sul disegno di legge del 24 gennaio che riforma la legge 49 sulla cooperazione allo sviluppo. Tra le previsioni l’apertura della cooperazione ad altri soggetti, tra cui le imprese, rispetto alla quale Romanelli ammette che non ci sono preclusioni, ma non senza condizioni. “La promozione allo sviluppo ha tante sfaccettature, tra cui la crescita economica, un aspetto rispetto al quale le imprese possono dare un contributo – continua – ma l’accesso ai fondi da parte delle aziende va condizionato al rispetto di certe regole, penso alla responsabilità sociale d’impresa, alla legalità, alla tutela dei lavoratori e dell’ambiente”. Le imprese devono dimostrare di poter dare un valore aggiunto e di svolgere effettivamente un ruolo di promozione allo sviluppo, “e non devono esserci sovrapposizioni di intenti tra internazionalizzazione dell’impresa e finalità di cooperazione internazionale”. Nessuna paura, dunque, che il volontariato perda il suo primato, anche se è auspicabile “un meccanismo di riconoscimento specifico per ong e associazioni, portatrici di expertise competitive e di valori che garantiscono la qualità della cooperazione”.
Tra gli aspetti fondamentali della riforma ci sono il ruolo di indirizzo e controllo del Parlamento sia su strategie e politiche di cooperazione allo sviluppo che sulla valutazione della coerenza politica e dell’efficacia degli aiuti. “Il tema della coerenza è rilevante perché c’è il rischio che la cooperazione vada in una direzione mentre altre leggi dello Stato in quella opposta”, dice Romanelli. Da questo punto vista, sono importanti il riconoscimento “politico” della cooperazione previsto dalla riforma (modifica del nome del ministero e introduzione di un viceministro con delega ad hoc), la costituzione del comitato interministeriale e del consiglio nazionale.
L’Agenzia per la cooperazione ha delle “potenzialità”, secondo Romanelli, “ma dipende da quali persone e competenze vi entreranno e dal grado di autonomia che le verrà garantito”. La previsione di un documento di programmazione e indirizzo triennale e il fondo unico danno una maggiore stabilità e fanno chiarezza sulle risorse disponibili, “e potrebbero aiutare l’Italia a recuperare un ruolo di primo piano nella cooperazione”.
“Aspettiamo questa riforma da oltre 20 anni, ora speriamo che diventi legge – conclude – Come ong faremo proposte ed emendamenti durante l’iter che porterà alla sua approvazione, ci auguriamo che le nostre richieste possano essere accolte”.