Il 30 maggio è stato presentato a Roma da parte di AGIRE, l'Agenzia Italiana di Risposta alle Emergenze, il rapporto “Il Valore dell’Aiuto. Risorse per la risposta alle emergenze umanitarie”. Giunto quest’anno alla terza edizione e realizzato in collaborazione con ActionAid e Islamic Relief, il rapporto disegna un quadro delle linee di tendenza generali nel settore dell’aiuto internazionale e si sofferma nello specifico sul contributo fornito dalla società civile in Italia e in alcuni altri paesi europei, anche attraverso una comparazione della risposta di solidarietà alle principali emergenze umanitarie.
Nel tentativo di fornire una opinione non scontata sulla provocatoria domanda “Gli italiani sono generosi?”, il rapporto sollecita una riflessione più ampia sull’applicazione pratica del principio di sussidiarietà, sulle debolezze del sistema delle organizzazioni non governative, sul ruolo pressante dei mezzi d’informazione e, infine, sull’adeguatezza del nostro sistema paese alle più rilevanti sfide internazionali.

Riportiamo un articolo sulla presentazione del rapporto treatto dal sito di agire: http://www.agire.it/
ITALIA IN CONTROTENDENZA RISPETTO AGLI ALTRI PAESI DONATORI.
Da una parte c’è il settore umanitario mondiale che nel 2010 ha mobilitato 16,7 miliardi di dollari, di cui 11,7 provenienti dai governi dei paesi donatori, con una crescita dell’85% rispetto al 2000. Dall’altra c’è un paese, l’Italia, il cui impegno pubblico resta ostinatamente invariato dal 2000 al 2009 (da 358 milioni di $ del 2000 a 362 nel 2009). E’ questo il quadro che emerge dal rapporto “Il Valore dell’Aiuto”, presentato oggi a Roma da AGIRE alla presenza di istituzioni e rappresentanti della società civile.
Giunto alla terza edizione, il rapporto – realizzato quest’anno con la collaborazione di ActionAid e Islamic Relief – scatta una fotografia complessiva dei fondi umanitari pubblici e privati stanziati per rispondere alle emergenze umanitarie internazionali. L’Italia che emerge da questo rapporto è un paese in decisa controtendenza rispetto alla crescita dei flussi per l’assistenza umanitaria registrata a livello internazionale negli ultimi 10 anni. Per quanto le prime stime sul 2011 indichino un calo degli investimenti anche a livello internazionale, i dati di casa nostra non lasciano molto margine di interpretazione: l’Italia non riesce a collocarsi intorno alla media dei paesi europei per visione e impegno nell’assistenza umanitaria internazionale.
Colpisce anche un’apparente contraddizione: l’aumento del volume degli aiuti internazionali non corrisponde a una maggiore copertura dei bisogni umanitari. Al contrario, è notevolmente cresciuta negli ultimi anni la sproporzione tra i bisogni rilevati in una data emergenza e i fondi che i donatori decidono di investire nella corrispondente azione di risposta. In altri termini gli aiuti sono sempre meno adeguati a garantire una risposta umanitaria proporzionata all’entità delle crisi e il 2010 registra un record negativo: un tasso di mancata copertura finanziaria degli appelli lanciati dalle Nazioni Unite pari al 37%, il più alto degli ultimi 9 anni.
Il rapporto accende i riflettori anche sul tema delle donazioni private, mettendo a confronto la mobilitazione dei cittadini di 7 paesi europei nelle ultime tre maggiori crisi umanitarie. Per Haiti, crisi ad alta visibilità mediatica che ha suscitato una grande risposta di solidarietà, i cittadini italiani hanno donato circa 90 milioni di dollari. Una cifra considerevole se paragonata ad altre gravi crisi (Inondazioni in Pakistan, 7 milioni; siccità nel Corno d’Africa, 19 milioni), ma irrisoria rispetto a quanto raccolto in Germania (305 milioni di dollari per Haiti, 265 per il Pakistan, 237 per il Corno d’Africa ), Inghilterra (182 milioni di dollari per Haiti, 121 per il Pakistan , 132 per il Corno d’Africa ) o Francia (107 milioni di dollari per Haiti, 13 per il Pakistan e 36 per il Corno d’Africa).

Secondo Nicoletta Dentico, membro del Comitato dei Garanti di AGIRE e relatrice della presentazione: «E’ drammatico constatare come le debolezze strutturali del “sistema-Italia” determinano un netto arretramento del nostro paese nella capacità di mobilitazione e di solidarietà internazionale per rispondere ai bisogni delle popolazioni in pericolo. Bisogni che aumentano, a livello globale, e che ci chiamano direttamente in causa. Questo rapporto però, oltre ad evidenziare contraddizioni, fornisce anche spunti di lettura positivi. Il più interessante è la constatazione che la cultura della solidarietà e dell’assistenza umanitaria – e della nozione di responsabilità morale che essa porta con sé – ha raggiunto ormai angoli prima inesplorati del pianeta, fino a lambire paesi che un tempo erano meri destinatari dell’aiuto».
Sul fronte internazionale, infatti, è da segnalare la crescente importanza dei paesi extra OCSE come donatori e attori umanitari, fenomeno nuovo che richiama a una sorta di “globalizzazione dell’aiuto” e impone la rottura dello schema classico degli interventi dal Nord al Sud. Il rapporto suggerisce infine la necessità di superare alcuni limiti del sistema italiano, legati alle modalità di raccolta dei fondi, alla copertura mediatica delle crisi e ai difetti di coordinamento della società civile.