84 progetti realizzati in 24 paesi in tutto il mondo, dei quali 39 di sviluppo sostenibile, 34 d’emergenza e 11 di educazione alla cittadinanza globale, per un numero totale di beneficiari pari a 1.391.958 persone.  Sono i numeri dell’azione di GVC nel 2016. A presentarli all’Assemblea dei soci che si è tenuta il 16 giugno a Bologna, è stata Dina Taddia, presidente dell’organizzazione.

 

IL 2016 E’ STATO UN ANNO MOLTO DURO per chi opera nella cooperazione allo sviluppo. Le migrazioni hanno continuato a modificare i confini tra Nord e Sud del mondo. I fronti dell'emergenza umanitaria si sono dilatati fino ad arrivare in Europa. E’ stato un anno che ha consegnato alle acque del Mediterraneo milioni di morti. Indifferenza, chiusura e intolleranza: questa la risposta di molte popolazioni e di diversi stati europei al fenomeno che nel 2016 ha prodotto fili spinati e lunghe code di richiedenti asilo giunti nell'area Schenghen, spesso a piedi, seguendo nuove rotte.

GVC PER I DIRITTI FONDAMENTALI “GVC conosce bene le storie degli uomini che oggi invocano alle nostre porte il diritto d'asilo, perché in ogni parte del mondo assiste a situazioni in cui viene violato il diritto stesso alla vita- ha detto Dina Taddia, presidente di GVC, aprendo i lavori dell’Assemblea dei soci-. Questi uomini non sono solo costretti a fuggire a causa di conflitti: privati di acqua, cibo e lavoro, appartengono a terre in cui rivendicare la sopravvivenza diventa quasi un reato. Una condizione che purtroppo non muta quando abbandonano le loro terre e sfidano il mare in cerca di salvezza”.

COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO: PERCHE’ CREDERCI  Nell'anno che si è concluso, GVC è intervenuto per la prima volta in Grecia, per assistere i rifugiati. Mentre l'asse della crisi e dell'emergenza sembra spostarsi sempre più verso l'Europa, però, GVC ha continuato a puntare la bussola sulla cooperazione allo sviluppo e sugli interventi di aiuto alle popolazioni locali nei loro paesi di origine. “Con il 91,5% di risorse impiegate nei progetti sul campo, il 43% di donne impiegate, il 97% del personale operante direttamente sul campo, la nostra organizzazione può dirsi fiera di aver creato opportunità di reddito per 19.258 persone nel 2016 e offerto assistenza umanitaria a 107.625 persone. I numeri del nostro impatto oltre che del nostro bilancio, certificato dalla Baker Tilly, raccontano l’esperienza di una ong capace di agire secondo il principio della trasparenza e soprattutto in partenariato con soggetti locali e internazionali, in sinergia con le comunità e seguendo gli standard della migliore cooperazione allo sviluppo”.

NEL MONDO NEL 2016 Nel quinto anno di guerra, GVC ha garantito istruzione e accesso all'acqua ai siriani. In Libano, ha offerto assistenza nei campi informali. In Afghanistan, raggiunto le aree più inaccessibili della provincia di Herat per contrastare la fame. E’ intervenuta nel Sahel, dove 18 milioni di persone soffrono di malnutrizione grave. Ha però anche rafforzato programmi di sviluppo in quei paesi che non sembrano essere prioritari nell'Agenda politica internazionale. Per questo, è presente in quei luoghi e in quelle situazioni che sono incapaci di stimolare una reazione nell'opinione pubblica internazionale ma che in realtà necessitano di un più grande sforzo perché è quello volto a rendere le comunità indipendenti e capaci di reagire per costruire condizioni di vita sostenibili. Bolivia, Perù, Nicaragua, Guatemala e Cambogia, e tanti altri paesi dei quali si ignorano le criticità.

CAMBIAMENTO CLIMATICO E ACCESSO ALL’ACQUA: LA SFIDA “L'essere presenti da diversi anni in molti paesi del mondo ci consente di anticipare i tempi delle emergenze e di individuare per tempo possibili criticità capaci di innescare nuove crisi e instabilità – ha spiegato la presidente- . Non è un caso se, con largo anticipo sui nuovi fatti del 2017 e sulla decisione di Donald Trump di annunciare al G7 l'uscita degli Usa dall'Accordo di Parigi sul clima, GVC ha voluto concentrare le sue attività di advocacy e le sue azioni sul campo sul tema del cambiamento climatico, su quello della prevenzione del disaster risk e su quello dell'equo accesso all'acqua. Lo abbiamo fatto perché individuiamo nel cambiamento climatico e nei disastri da esso provocati uno dei rischi più elevati per il futuro di molti, se non di tutti, i paesi in cui operiamo. Ci siamo interrogati sin da subito in merito all'inquadramento giuridico e al riconoscimento dei diritti di quei rifugiati che, costretti a fuggire a causa di siccità, alluvioni e disastri, sono costretti ad abbandonare i loro paesi”.  

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Bologna, 19 06 2017