Dall’aprile del 2015 il Burundi vive una grave crisi sociopolitica che ha intensificato la violenza e reso più difficile l’accesso ai bisogni primari da parte della popolazione.
Secondo l'UNHCR, dall'inizio della crisi, ad Agosto 2016, circa 410.000 burundesi, più della metà bambini, hanno abbandonato le loro case e si sono rifugiati nei paesi vicini. Inoltre si stima che 100.000 persone siano sfollate all'interno del paese e il 70% di loro risiedano in famiglie ospitanti nelle province di Bujumbura Mairie, Rutana Makambe, Gitega, Bujumbura rurale e Ruyigi. Anche l'instabilità politica della Repubblica Democratica del Congo ha provocato massicci spostamenti verso i paesi vicini. L'afflusso della popolazione congolese, degli sfollati e rimpatriati burundesi è avvenuto nelle province in cui i servizi sanitari e nutrizionali non riescono a dare una risposta ai bisogni minimi: il personale infermieristico, così come le scorte di farmaci e le attrezzature sono insufficienti. In questa situazione è stata osservata una recrudescenza di malattie trasmissibili, comprese il morbillo, la diarrea, la malaria, le infezioni respiratorie e la malnutrizione. Inoltre, i rifugiati si trovano in aree in cui il programma contro l’HIV non è funzionale in tutti i suoi aspetti. I conflitti armati influenzano negativamente la diffusione della malattia, specie se si considera che a causa degli stupri perpetrati nelle zone di guerra, il rischio e la vulnerabilità all'HIV - aumentano in misura molto maggiore per donne e i giovani. La presente azione si inserisce in questo scenario complesso, con l’obiettivo di dare una risposta efficace ai bisogni sanitari e nutritivi, cercando di prevenire la malnutrizione e di gestire quella acuta, di far sì che i rifugiati e rimpatriati possano avere accesso alle cure sia preventive sia curative e ai servizi di salute riproduttiva.