CAMBOGIA: BAMBINI/E DIETRO LE SBARRE

 

WeWorld lavora da oltre 15 anni nel mondo per difendere i diritti delle donne e dei bambini più vulnerabili.
Ma cosa significa questo nei fatti? La nostra missione si traduce nel riportare sui banchi di scuola i bambini che troppo presto l’hanno abbandonata, nel dare un micro prestito a mamme che altrimenti non potrebbero prendersi cura dei propri figli, nel proteggere donne che subiscono violenza, nel salvare bambini vittime degli abusi più crudeli.

Per fare questo WeWorld lavora ogni giorno sul campo in 8 Paesi, tra cui la Cambogia. Qui da anni operiamo in un centro a Battambang dove sono ospitati bambini, per lo più vittime di tratta, che provengono da famiglie vulnerabili. Tra questi molti hanno madri in prigione.

Le loro storie sono tutte diverse, ma tutte hanno come comune denominatore la mancanza di cure. Dara, ad esempio, è un bambino nato e cresciuto fino all’etá di 3 anni in una prigione cambogiana. La drammatica situazione in cui Dara è cresciuto, a causa dell’incapacitá della madre di prendersi cura di lui e dell’incuranza delle autoritá, ha indignato l’opinione pubblica tanto che anche il Primo Ministro è intervenuto concedendo la grazia ad alcune mamme detenute con bambini. In Cambogia queste notizie si dimenticano presto, ma la situazione delle mamme detenute e dei loro bambini continua ad essere problematica. Nonostante ci siano leggi che indicano a giudici e magistrati di prendere in considerazione il fatto che la donna sia incinta e/o abbia figli minori  nel momento  di decidere la carcerazione preventiva o misure alternative al carcere, molte delle donne detenute con figli sono in attesa di sentenza e, nella maggior parte dei casi, detenute per reati minori.
LICADHO con il supporto di WeWorld ha condotto una ricerca per far conoscere la situazione delle mamme detenute, (dei loro bambini in carcere o fuori) e delle loro famiglie, e per spingere le autorità a gestire in modo diverso dal carcere la pena delle mamme con figli piccoli . Guardando le statistiche ci si fa un’idea della situazione: il 70% delle 96 madri intervistate dall’indagine di LICADHO e WeWorld non ha un avvocato, il 56% é stato accusato o condannato per un reato connesso con la droga, il 97% non era mai stato in prigione, il 100% e’ stato detenuto prima della sentenza, 32 donne non hanno ricevuto visite dai propri figli e il 94% ha dovuto pagare per ricevere la visita.
Lo studio ha evidenziato che l’interesse del bambino non viene preso in considerazione né al momento dell’arresto né al momento dell’incarcerazione e che alle madri non vengono spesso date alternative all’abbandono dei figli o all’incarcerazione con loro.

Sasa stava camminando per strada con la sua bambina di sei mesi quando è stata arrestata e portata alla stazione di polizia. Quando il marito di Sasa é andato alla stazione quel giorno un ufficiale gli ha dato la bambina e gli ha detto di portarla a casa. Sasa ha chiesto alle autorità della prigione di poter portare la bambina dalla madre visto che la stava ancora allattando, ma le è stato negato senza spiegazioni. Durante il periodo di detenzione Sasa ha visto i suoi bambini (la piccola e un maschio di cinque anni) 3 volte. Sasa è stata condannata ad un anno di prigione dopo 10 mesi di carcerazione preventiva per furto.

Una donna descrive così il suo arresto: “Ero a casa con i due figli piccoli (uno di 7 anni e l’altro di qualche mese), ho chiesto alla polizia se potevo portare il piccolo con me e mi hanno risposto di no. Ho chiesto se potevano aspettare che mio marito tornasse a casa e mi hanno detto che dovevo andare con loro immediatamente. Così ho lasciato il piccolo da un vicino e l’altro bimbo è rimasto a casa da solo. Non ho potuto chiamare mio marito fino al giorno dopo.”

Lo studio ha evidenziato l’impatto negativo dell’incarcerazione anche sui bambini che vivono fuori dalla prigione e su tutta la famiglia. In generale bambini e bambine sono colpiti in maniera diversa: i bambini spesso lasciano la scuola e vanno a lavorare per mantenere la famiglia, mentre le bambine assumono il ruolo nella madre occupandosi della casa e dei fratelli piu’ piccoli.
Fuori dal carcere i bambini soffrono emotivamente per il  distacco dalla madre. In Cambogia la durata e la qualitá delle visite dipendono dalla disponibilitá economica. Una detenuta ha riportato: “Mio marito mi ha fatto visita  con mio figlio 2 volte. Può venire il fine settimana perché non può permettersi di assentarsi dal lavoro. Da casa mia ci vogliono 4 o 5 ore di autobus e costa circa 12$. Se paghiamo le guardie 2.5$ possiamo incontrarci per 15 minuti nella stanza comune.” Anche al momento dell’arresto il denaro può cambiare molte cose, così racconta una donna: “Prima hanno arrestato mio marito e, quando sono andata a visitarlo, anche me. Dopo due notti in prigione abbiamo chiesto un prestito di 1000$ e li abbiamo dati alla polizia che ha rilasciato mio marito. Hanno chiesto altro denaro per rilasciare anche me ma non ne avevamo più...”.

La ricerca ha evidenziato che le donne detenute arrivano per la maggior parte da famiglie povere e spesso le famiglie non riescono a far fronte economicamente alla perdita di una componente. In Cambogia lo stato non prevede nessun tipo di supporto per le famiglie in difficoltá e ci sono pochissimi aiuti per le famiglie di detenuti.

Leggi che potrebbero evitare inutili sofferenze sono già in vigore in Cambogia, ma ancora non vengono completamente applicate. LICADHO pensa che molte donne che sono in carcere non sarebbero mai dovute arrivarci. Nel 2014 su 479 detenute un terzo era accusatoe o condannato per crimini correlati con la droga, mentre il 31% era in prigione per reati minori (piccoli furti, danneggiamento della proprietà, pesca illegale, etc.). Molte di queste donne avrebbero potuto beneficiare di pene alternative e non essere separate dalle famiglie e dalla comunitá.
La ricerca promossa da WeWorld e LICADHO è stata usata come documento per la formazione di giudici e magistrati e  promossa  dall’Ufficio dell’Alto Comissariato dei Diritti Umani. LEGGI LA RICERCA