Il tempo sospeso delle donne siriane in Libano

Quando è iniziata la guerra, i miei genitori mi hanno detto che si trattava di un conflitto temporaneo, che non c’era da avere paura. Quando sono venuta qui in Libano, hanno ripetuto la stessa cosa, ma non è stato così. Vivo qui da 8 anni”. Abir, 18 anni, Libano

Oltre 6.7 milioni di persone sono fuggite dalla Siria dall’inizio della guerra. Di queste, 1.5 milioni - per la maggior parte donne, bambini e bambine - sono sfollate in Libano. 

Il 15 marzo saranno 10 anni dall'inizio del conflitto in Siria, 10 anni in cui le vite di Abir e di tante altre donne che hanno trovato rifugio in Libano sono sospese. Per questo abbiamo scelto di celebrarne la resilienza, raccontando le loro storie - storie di forza e di speranza - per restituire una voce a chi è stato privato di tutto.

  • 500 mila vittime dall'inizio del conflitto in Siria
  • 6.2 milioni sfollati interni in Siria
  • 80 % persone che vivono in povertà in Siria
  • 6.7 milioni persone fuggite dalla Siria dall’inizio della guerra
  • 1.5 milioni persone, di cui molte donne, bambini e bambine, sfollate in Libano.

Le storie

Queste storie le racconteremo tutte insieme al WeWorld Festival, dal 21 al 30 maggio al BASE di Milano, durante la mostra fotografica “Il tempo sospeso” con gli scatti di Francesca Volpi che insieme a noi ha visitato i campi informali in Libano, dove lavoriamo dal 2012. **La mostra si svolgerà con il patrocinio del comune di Milano e sotto l'alto patrocinio del Parlamento europeo.**

Abir

Nafla 

Nafla, 36 anni , Bekaa Valley, Libano  © Francesca Volpi

Il ricordo più prezioso e felice che ho portato con me dalla Siria è il mio diploma di fine studi. È grazie a quel diploma che ho potuto lavorare qui come volontaria per un’associazione. 
Chiunque mi conosce, sa bene che ho una personalità di ferro e che sono una donna forte. Sono sempre stata ambiziosa e ho iniziato a insegnare quando mio figlio maggiore aveva solo 40 giorni, lo portavo con me e andavo a insegnare. Mentre ero incinta del secondo, portavo lo stesso il mio primogenito con me a lavoro. All'inizio della crisi siriana, è diventato difficile andare in città per ritirare lo stipendio, così ho lavorato tutto l'anno senza essere pagata. Mi rattrista il fatto che i miei figli non vadano a scuola.  Cerco di fare il mio meglio a casa per dare loro un'istruzione di base, ma non possono raggiungere livelli elevati come se fossero a scuola. Sono molti i bambini e le bambine che non vanno a scuola in questo campo, ma non tutte le donne la pensano allo stesso modo su questo argomento. Pensano ad affrontare le circostanze che stanno vivendo in questo momento. Alcuni adolescenti qui non sanno né leggere né scrivere, ma si adattano alla situazione e non si lamentano. Ma poiché sono stata un’insegnante, penso che i miei bambini dovrebbero avere accesso all'istruzione. Non andare a scuola compromette il loro futuro.

La condizione dei rifugiati siriani in Libano

Il Libano ha la più alta concentrazione di rifugiati pro capite al mondo e, da anni, sta vivendo a sua volta una forte crisi sociale, politica ed economica.  Qui, le infrastrutture e i servizi pubblici sono sotto una continua pressione, aggravata dalla pandemia e dal conseguente aumento della povertà. A peggiorare la situazione, l’esplosione al porto di Beirut, nell’agosto 2020, che ha distrutto gran parte delle attività nella capitale, il motore economico del Paese.   

In Libano non è permesso stabilire campi profughi formali. Di conseguenza, la maggior parte dei rifugiati siriani vive in strutture sub-standard nelle città e nei villaggi. Gli altri, il 21% nel 2020, vivono in tende in insediamenti informali in cui è vietato avere qualsiasi struttura o attrezzatura permanente. Secondo i dati stimati raccolti nel 2019, circa 75.500 donne adulte e 167.000 bambini vivono in insediamenti informali in Libano, in situazioni non sempre e adeguate e in grado di offrire loro una vita dignitosa oltre l’emergenza.Qui, spesso, non hanno la possibilità di accedere a servizi e beni fondamentali e vivono in condizioni di sussistenza basica all’interno di strutture e aree che avrebbero dovute essere provvisorie, ma che sono diventate quasi permanenti.

WeWorld in Libano

Siamo presenti in Libano dal 2006, dove concentriamo gran parte del nostro intervento in attività per proteggere e garantire i diritti dei più vulnerabili, creare una società inclusiva e assicurare l’accesso ai diritti di base, all’educazione, all’alloggio, all’acqua e all’igiene (con anche attività per rispondere all’emergenza sanitaria causata dal Covid-19).

Dal 2012 lavoriamo con i rifugiati siriani negli insediamenti informali per rispondere ai loro bisogni primari, concentrando l’intervento su:   

  • Protezione (attraverso una metodologia innovativa: il Community Protection Approach, CPA);    
  • WASH (acqua e servizi igienici);    

Shelter (tende) e assistenza di base, come la fornitura di materassi, coperte, set da cucina e sistemi di pavimentazione non permanenti.   

WeWorld in Siria

Dal suo inizio nel 2011, il conflitto siriano ha causato oltre 500.000 vittime e ha avuto un effetto devastante sull'economia del Paese, riducendo in povertà l’80% della popolazione, con un tasso di disoccupazione del 50%. Gli oltre 6,2 milioni di sfollati interni devono fare i conti con la guerra, la carenza di lavoro e la mancanza di denaro. 

È in questo contesto che operiamo, dal 2011, concentrando le nostre attività su: educazione, protezione, WASH e risposta alle emergenze (compresa la risposta alla crisi causata dal Covid-19). A questi interventi si aggiungono anche attività di sensibilizzazione e formazione che vanno da corsi di prevenzione per il rischio mine a campagne di sensibilizzazione sul matrimonio precoce, che coinvolgono oltre 515 mila persone.